SUI BENI COMUNI ,SUL PAESAGGIO COME PROBLEMA ETICO

“E’ invalsa invece la pessima abitudine di chiamare ‘sviluppo’ ogni opera, pubblica o privata, che produca profitti delle imprese, anche a costo di devastare il territorio.” L’ha scritto (La Repubblica 16 mar.) un autorevole studioso come Salvatore Settis autore di un libro che ha avuto una certa risonanza: “Paesaggio costituzione cemento “ (Einaudi 2010). Si chiede anche perché questo modello di finto sviluppo ha tanta solidità da essere condiviso “da governi di ogni sorta”. E già, perché lungo la penisola si costata sempre una sorte di schizofrenia dei politici che quando governano i comuni e le regioni si danno da fare per lanciare o rilanciare lo sviluppo cementificando, e quando vanno all’opposizione si danno egualmente da fare per criticare tale modello? Secondo il professore c’è una drammatica incapacità a immaginare per il Paese un modello alternativo di sviluppo, “che vinca il muro contro muro delle opposte retoriche della ‘crescita’ e della ‘de-crescita’.” In un altro artico...