6 AGOSTO 1945 LA BOMBA ATOMICA UN RICORDO INFANTILE PER SEMPRE

Il 6 agosto del 1945 il bombardiere Usa Enola Gay sganciò l’atomica su Hiroschima. Leggo oggi, su La Stampa, p.24; “Hiroshima non è un errore. E’ una scelta. Una dimostrazione pratica che l’umanità è capace di tutto,anche del proprio annientamento,con eleganza matematica. (…) E così viviamo da ottant’anni in un equilibrio instabile, mantenuto non dal dialogo,ma dal terrore. La bomba è diventata una minaccia per tenerci vivi. Non è pace. E’ apnea. Ottant’anni dopo Hiroshima, c’è ancora chi dice ‘bomba atomica’, con l’entusiasmo di chi annuncia un nuovo elettrodomestico.” Ottanta anni dopo ricordo…E forse sono ricordi mescolati ai racconti dei “grandi” perché io ne avevo soltanto cinque. Non so in quale data eravamo arrivati a Rubiera, antico borgo tra Reggio e Modena, da Cordovado, altro antico borgo del Friuli,della Venezia Giulia. Ricordo il grande casone sulla via Emilia di proprietà dei possidenti Giacobazzi, che ci avevano anche la fabbrica del burro e del parmigiano; fuori dal paese e verso Reggio. La fine della guerra, per noi italiani , contava pochi mesi e a Rubiera ci eravamo giunti attraversando paesi distrutti, a bordo di un camion che trasportava anche la camera da letto matrimoniale,la cucina, i lettini e due bauli. A Rubiera abitavano la nonna e lo zio,il fratello della mamma. Nella grande casa padronale affittata, c’era in mezzo un grande cortile –l’aia- e da una stradina dietro che attraversava il vigneto si raggiungeva in pochi minuti la strada ferrata , quella importante da Milano a Bologna, a Firenze , a Roma. Appena sbucati ,noi bambini sui binari, eravamo sempre attratti da un vagone merci abbandonato su un binario morto, crivellato dalle mitragliate alleate. Era un agosto caldo e tranquillo, il primo dopo gli anni convulsi della guerra e spesso,la sera, le famiglie abitanti il casone scendevano sull’aia a conversare amabilmente, godendo il declinare della calura e la notte stellata. Di quel sei agosto ho l’immagine sfocata di tutti nell’aia, ma non saprei dire in quale momento della giornata giunse la notizia. La parola bomba atomica venne pronunciata, forse dapprima sussurrata mentre occhi atterriti roteavano cercando altri occhi e poi di seguito lo stupore , mentre i pensieri di ciascuno tentavano di trovare parole da comunicare”è la fine della guerra !”e anche gli alleati con i loro carri armati e le jeep avrebbero lasciato l’Italia. I “grandi “ ripetevano angosciati il nome della città: Hiroshima, Hiroshima…” non sapendo bene dove immaginarla in Giappone. Prendeva forma l’impressione di di un immane disastro e di un oceano di dolore ben più grande di quello patito nelle città della vecchia Europa. “In un attimo sono morti tutti…”E non era chiaro cosa fossero le radiazioni nucleari. Aleggiava un misto di sorpresa, terrore,ma anche sollievo -colpevole certo un po’- e prendeva forma la paura della Bomba Atomica e la sensazione che avrebbe abitato da quel momento il mondo e il futuro. Non capivo bene ma assimilavo sentimenti ed emozioni nella carne infantile come una marchiatura, per sempre.

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