giovedì 2 settembre 2010

LE RAGAZZE SONO PER STRADA E 'LA DANNO' SENZA PENSARE....

“In questa città lavorano solo i paraculati, i ragazzi bevono, si divertono e poi si schiantano con le macchine. Le ragazze sono per strada e ‘la danno’ senza pensare.”. Sono alcuni dei pensieri scritti da Zouhir Bouhfir e Arkrim Yasser nel corso di un “laboratorio” per studenti delle medie superiori sui temi della migrazione e pubblicati in un libretto arci-lussuoso e stra colorato intitolato CITTADINANZE ANNO 2009/10 (Chi lo ha finanziato sprecando denaro?). Il “laboratorio” faceva parte del progetto “Di generazione in generazione” promosso da un consultorio familiare accreditato nella Regione Lombardia di una grande città. Nello scritto “Ospitalità” Sabrina Piazza scrive che “ l’italiano medio è egoista,egocentrico, individualista, approfittatore i persegue e propri interessi senza guardare in faccia nessuno, cercando il più delle volte di sfruttare il prossimo per i propri comodi, soprattutto se questo è più debole (ad essere stranieri è una sorta di debolezza!). Gli italiani sono un popolo di piagnucoloni: tutti si lamentano su tutto ma poi non muovono un dito per cambiare la situazione (ecco uno dei motivi per cui l’Italia va in rovina!). I ragazzi, infine, crescono privi di valori, non sanno nemmeno cosa sia l’amicizia o l’amore, si lasciano trascinare dai gusti della massa e desiderando omologarsi.”.
Nella prefazione si legge che attraverso il “laboratorio” gli studenti “si trasformano a poco a poco in attivi performers metropolitani , decisi a dare corpo e scrittura alle proprie e altrui paure, su temi molto attuali quali la migrazione, la cittadinanza, l’omofobia e il rapporto con la propria città/ideale.”.
“le ragazze sono per strada e ‘la danno’…” scrivono due ragazzi migranti o figli di migranti. Nel libretto non emerge se e come hanno considerato e proposta una riflessione gli psicologi e la conduttrice su questo stereotipo palesemente sia difensivo che offensivo che caratterizza soprattutto gli uomini provenienti da Paesi dove le donne ,rappresentando tradizionalmente l”’onore” dei capi famiglia , devono sottostare a regole ferree rispetto al proprio corpo e comportamento in pubblico.
E che dire poi dell’autoflagellazione della ragazza italiana che enumera a raffica i presunti difetti degli italiani secondo lo stereotipo consueto che nei mondi tribali dell’Africa e dell’Asia o dell’America Latina vivrebbero invece nell’esaltazione dei “valori” e nel rigore morale?
E’ utile dare corpo nelle scuole a incontri dove si da voce al “polifonico mosaico di voci, volti, slangs, dialetti, abiti e posture diverse….” ,come si legge sempre nella prefazione, senza interventi guidati degli adulti con l’obiettivo di far comprendere la complessità della realtà umana che non è fatta di tutti buoni da una parte e tutti cattivi dall’altra? Come minimo?
Si opera a favore dell’inclusione se si alimenta nello straniero –o figlio di stranieri- il bisogno di contrapporsi alimentando una propria presunta purezza contro i cattivi e brutti autoctoni?
E perché non aiutare ragazzi e ragazze a mettere in scena, per esempio, la condizione femminile nel nostro (retrogado) Paese e in quelli di provenienza dei migranti? La condizione di genere offre la possibilità di capire il grado di civiltà di una nazione più di ogni altro parametro.
Invece mi pare che anche gli psicologi che hanno lavorato nei “laboratori “Cittadinanze” , si siano limitati a sprecare lodi autoreferenziali per la riuscita di questa “rete” che ha permesso agli adolescenti, di “esprimere i loro talenti”. I contenuti non hanno importanza.

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