martedì 25 giugno 2013

QUALCHE RICORDO POLITICO DOPO LA MORTE DI EMILIO COLOMBO

Ogni tanto qualcuno o qualcuna (più frequente) formula l'invito: “Racconta, hai conosciuto persone, hai partecipato”. Le persone: non poche non ci sono più, altre sono avvolte nelle nebbie della perdita dell’intelletto, altre sono scese dalla politica ad alto livello e fanno altro, forse anche le nonne. Ma ci sono anche quelle che vanno avanti, acciaccate nel corpo ma con la mente lucida. Un po’ depresse in un mondo che ha preso pieghe non immaginate, o pimpanti con la grinta di scrivere ancora e una non sfumata creatività. Scrivere del passato? Quale: movimento cattolico, Democrazia Cristiana, Manifesto-Pdup? Raccontare di persone (uomini e donne) incontrati sfiorandoli in convegni affollati, condividendo momenti entusiasmanti prendendo la parola per farsi ascoltare. O per ascoltare rapiti dal sogno comune. E’ morto Emilio Colombo, l’ultimo Costituente. Prima di lui Andreotti. Quando morì Benigno Zaccagnini restai incollata alla TV per seguire il funerale in diretta a Ravenna. Non lo avevo soltanto incontrato ai congressi D. C. Zaccagnini lo avevo conosciuto bene. Quando si svolgevano a Vinigo di Cadore i corsi di formazione estivi delle giovani del Movimento Femminile D.C. di cui ero l’unica relatrice, Zaccagnini ci faceva “visita” accompagnato sempre dal suo segretario. Ma arrivando su, al paesino, di pomeriggio, le giovani non c’erano perché la lezione si teneva alla mattina. A riceverlo c’eravamo io e la Delegata Provinciale Francesca Borghi. Zaccagnini, seduto con noi al tavolo del refettorio, mi ascoltava raccontare l’impostazione del corso con interesse. Al ritorno a Ravenna da una riunione a Bologna di tutta la dirigenza della Sinistra regionale, mi offrì un passaggio in auto. L’autista guidava lui accanto ed io dietro. Era il 1968. Per tutto il tempo gli parlai del movimento degli studenti. Ascoltò in silenzio. Ricordo anche la sua casa a Ravenna, di fronte alla chiesa della Madonna Greca in via Roma un suo affettuoso invito a fare la giornalista, perché gli pareva che ne avessi “la vocazione”. Ho visto il documentario su Tina Anselmi nell’ultima puntata di “la storia siamo noi”. Bello, persino commovente ma mancante di una parte importante della sua vita, quella di dirigente del Movimento Femminile della D. C. Un “pezzo” di vita per lei importante e qualificante, ma che ai giornalisti e storici uomini sarà sembrato marginale. Così va il mondo.

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