martedì 19 novembre 2013

CATASTROFE IN SARDEGNA. EVENTO ANNUNCIATO, PREVISTO NON NATURALE

“Frane, allagamenti, alluvioni: l’Italia è un Paese martoriato dal dissesto idrogeologico. Le aree a elevata criticità rappresentano il 9,8% della superficie nazionale e riguardano l’89% dei comuni, su cui sorgono 6.250 scuole e 550 ospedali. Il riscaldamento globale – spiegano dal Centro Euro Mediterraneo sui cambiamenti climatici – porterà a un’inevitabile recrudescenza dei fenomeni estremi. Le regioni hanno stimato un fabbisogno di 40 miliardi di euro per la messa in sicurezza del territorio, cui però il governo nell'ultima Legge di Stabilità ha destinato appena 180 milioni per i prossimi tre anni. Ad aggravare ulteriormente il quadro è il consumo del suolo, aumentato del 156% dal 1956 ad oggi, a fronte di un incremento della popolazione del 24%. Ogni cinque mesi è cementificata una superficie pari al comune di Napoli, un dato che mette in luce le responsabilità dell'uomo per queste catastrofi, che solo negli ultimi cinquant’anni hanno causato la morte di quattromila persone. “ Questo è quello che si legge oggi su LA STAMPA un giorno dopo la distruzione di una parte della SARDEGNA a opera di un ciclone. Ci sono morti, ci sono sfollati e poi case distrutte, ponti e terreni agricoli. Le radio, i Tv e i quotidiani blaterano di emergenza, di stato d’eccezione, di evento naturale eccezionale. Fino a che punto questi “eventi” sono naturali? Cioè, possiamo continuare a chiamare naturale “eventi” generati dal dissesto idrogeologico, dalle cementificazioni degli alvei dei fiumi, dall’eccesso di cementificazione e dalla continua, assidua, distruzione dei boschi? Adesso c’è la Destra di governo e di opposizione, suffragata da ampi elementi di Sinistra, che vorrebbe vendere le spiagge per un futuro sicuro di cementificazione e magari, di profitti derivati dai biglietti pagati per accedere alla riva dei mari. Si parla, in questi giorni, di un lago di Garda patrimonio dell’UNESCO. Si parla…..perché pare che non siano pochi gli amministratori locali delle regioni Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige che si oppongono. E già, nonostante la crisi continua il consumo di suolo per costruzioni sule colline moreniche, a ridosso di siti importanti come Salò, Sirmione, Lazzize ecc. Il poeta veneto ZANZOTTO diceva: “UN BEL PAESAGGIO UNA VOLTA DISTRUTTO NON TORNA PIU', E SE DURANTE LA GUERRA C'ERANO I CAMPI DI STERMINIO, ADESSO SIAMO ARRIVATI ALLO STERMINIO DEI CAMPI." La legge di stabilità in discussione dovrebbe mettere in cantiere anche la cessione ai privati di proprietà pubbliche. Appunto, come il demanio marittimo. Sembra che a Destra come a Sinistra sia assente una cultura dei beni comuni. Che, per loro definizione sono quelli che soddisfano ai bisogni fondamentali delle persone. Sono molti i documenti nazionali e internazionali che parlano di accesso all’acqua, al cibo, alla conoscenza, alla salute e anche ALLA TUTELA DEL TERRITORIO. Quanti, tra deputati e senatori, hanno una cultura in grado di capire cosa sono i diritti fondamentali, i beni comuni? A leggere il libro postumo di Franca Rame IN FUGA DAL SENATO (ed. Chiarelettere, 2013) dove racconta la drammatica delusione provata nei due anni al Senato della Repubblica, gli eletti del popolo sono soltanto in grado, più o meno, di pigiare il tasto rosso e verde a comando dei capi di partito. Tanto per fare un esempio dal libro, Franca Rame scrive: “ 14 giugno 2006. Ore 11.30.Corro a Montecitorio. Sala Mappamondo. C’è chi, da Senato, ci va con macchina e autista di Stato, ma puoi crepare se speri che qualcuno ti offra un passaggio. Sapete cosa pesa di più in questa vita da senatrice? L’ho già accennato, ma lo ribadisco volentieri: l’indifferenza, il non preoccuparsi mai dei bisogni o dei problemi degli altri.” E allora, rassegnamoci ad ascoltare ministri e presidenti del Consiglio dichiarare, a ogni “evento catastrofico naturale” che è stato immediatamente dichiarato lo stato di calamità, appunto, naturale ecc.; e che si stanzierà un toto di soldi pubblici, eccetera, eccetera. Ma non tocchiamo le leggi che permettono di continuare a martoriare il suolo, di tutti, detto Italia.

martedì 12 novembre 2013

LA SESSUALITA' NELLA POSTMODERNITA'. UOMINI CHE PAGANO

“E’ più semplice rispetto a un’amante!”: questa la risposta di un autista trentacinquenne a due giornalisti di Radio Capital in una mattina qualsiasi dei primi di novembre, in una trasmissione sui clienti delle prostitute. I due gli chiedono incuriositi quando ha iniziato a frequentare delle prostitute e lui dettaglia: appena presa la patente e con una media di tre e anche quattro volte la settimana. Dipende dalle possibilità economiche perché sulla strada le donne costano sui cinquanta euro, ma in appartamento si arriva anche a 100. I due sono sempre più incuriositi e buttano giù domande a raffica: “Ma che ti sei sposato a fare?”. L’autista è a suo agio, non ha detto il suo nome ma ha voglia di mostrare la sua competenza in materia. Allora, si è sposato per avere una famiglia, ma la moglie non si è mai accorta di niente, neppure quando ha avuto per un po’ una relazione. Non per molto perché le amanti sono troppo impegnative: vogliono gli sma, le telefonate, gli appuntamenti ecc. Ne vale la pena chiede uno dei due? E lui, sicuro, risponde che sì, ne vale alla grande, soprattutto se trovi quelle brave. Un po’, come dire, la brava maestra, la brava colf, la brava badante….Aggiunge che alcune sono anche belle, ma, appunto, non tutte brave. Sono arrivata alla meta, spengo il motore dell’auto e scendo. Chissà come è andata avanti la trasmissione dei due sui clienti delle prostitute! “Uomini che pagano le donne, dalla strada al web, i clienti nel mercato del sesso contemporaneo” ( Ediesse, 2013) è il libro- di Giorgia Sereghetti pubblicato con una bella prefazione di Rosa Cutrufelli. Una volta, non certo secoli fa, il ricorso alla prostituzione -scrive R. Cutrufelli- “veniva per lo più considerato come un naturale effetto della presunta differenza ‘biologica’ fra il desiderio femminile e quello maschile, rappresentato come incontenibile.” Non è raro sentire anche qualche anziana signora ripetere che gli uomini “hanno il diritto di sfogarsi”. La ricerca di G.Serughetti prende l’avvio dalla constatazione che il focus si è spostato dalla prostituta al cliente. Continua R.Cutrufelli: viviamo in un’epoca che registra una grande libertà femminile e una grande crisi degli uomini, ma anche una forte commistione fra mercato e vita intima, fra sessualità, erotismo e potere. L’autrice, presentando la sua ricerca, lamenta come lo sforzo conoscitivo e d’intervento sulla domanda di prostituzione “non sia stato sostenuto da uno sforzo equivalente né comparabile di comprensione delle culture della mascolinità che la alimentano”. E già: le culture della mascolinità ……quali modelli, nuovi e tradizionali, veicola il cliente? C’è un’implicita resistenza della configurazione tradizionale delle relazioni tra i generi o significa perdita di potere del maschio? In altri termini un tempo non troppo lontano tutto l’universo dei generi si basava sulla separazione tra donne –madonne e donne miniotte, tra donne di casa e donne dei casini prima e poi di strada. Studiare l’Italia su questo versante richiede un lavoro particolare, in quanto il nostro è un paese con una forte connotazione patriarcale, ma anche con segni rilevanti di trasformazione. Un paese, l’Italia, dove, complice la presenza formativa della Chiesa, si fa fatica ad accettare che anche la sessualità maschile è una costruzione culturale. Sta di fatto che l’offerta di servizi sessuali a pagamento, ha continuato ad aumentare anche dopo il cambiamento di mentalità rispetto ai rapporti tra uomo e donna; che ha fatto seguito, tra l’altro, alla contraccezione e alla evaporazione della sessuofobia di impronta religiosa. Allora, occorre un’analisi più approfondita perché non si è verificato, quanto si era fermamente creduto dopo il mitico ’68 e il movimento femminista mondiale. Secondo Serughetti siamo in presenza della diffusa , globalizzata, commercializzazione della sessualità come prodotto di consumo. Così pare anche nelle scarne parole dell’autista di Radio Capital. In altri termini: si assiste a un’inesauribile sollecitazione del desiderio maschile verso il consumo sessuale. A differenza di una volta il mercato delle merci in vendita permette un accesso immediato , da supermercato: basta avere i soldi perché l’offerta è imponente e svariata : dalla strada all’appartamento, dalla “fidanzata a ore” , dall’Escort, ecc.. Una trasformazione, più recente , riguarda la struttura economica della realtà : il capitalismo delle origini si strutturava sul potere piramidale: al vertice il possessore dei mezzi di produzione, alla base la “forza lavoro”. Ai lavoratori maschi era data l’illusione del potere assoluto in casa propria: sulle mogli, sui figli. Come scriveva Engels, nella casa del lavoratore il proletario sottomesso è la moglie . Il mondo delle merci ha creato la possibilità dell’accesso facile anche alla merce-donna. La donna merce ripristina, temporaneamente l’illusione del potere maschile del padrone, del guerriero e dell’eroe? Il capitalismo industriale ha lasciato il posto al capitalismo finanziario, rarefatto, dai contorni evanescenti, diffuso ma imprevedibile. Scrive Serughetti in modo efficace: “…gli immaginari e le pratiche della società dei consumi favoriscono la normalizzazione di questo commercio, anche attraverso una cultura visuale, dove corpi femminili e merci s’inseriscono in un medesimo sistema di segni.” Di nuovo, il corpo femminile diviene, come il denaro, una valuta di scambio. L’autista racconta il suo desiderio limitato soltanto dalla disponibilità in termini di denaro, mentre la merce-donna è sempre disponibile sulla strada o in appartamento: ” basta cercare in Internet”, spiega. E la moglie? Gli chiedono i due se quando rientra a casa la moglie, non si accorge che è lavato e profumato. Lui specifica, contento di poterlo fare, che quando va a prostituta non si lava e si fa profumare soltanto con speciali profumi che non si annusano facilmente (?). La moglie deve restare all’oscuro fissata nel suo ruolo (antico) di garante della cura e degli affetti familiari. Si evince che la prostituzione risponde anche all’implicita necessità di non perdere del tutto la divisione sessuale supposta naturale dei ruoli: il lavoro di cura alle donne. Però se la moglie si accorgesse della doppia vita e decidesse di separarsi? Si apre un altro capitolo: quello della dilagante sindrome abbandonica degli uomini che si manifesta non raramente, addirittura, con la violenza, fino al femminicidio. A differenza di una volta, prima della “modernità liquida” (Bauman), l’uomo non è più padrone assoluto in casa sua come il padrone nella sua fabbrica. Si sono liquefatti entrambi, con danni irreversibili dell’immagine virile, dell’identità maschile. Il comprare temporaneamente un corpo di donna, probabilmente risponde al bisogno di ri-costruire illusoriamente un tipo potere che strutturava l’identità virile. Scrive la ricercatrice che la diffusione del Viagra (anche tra i giovani!), si spiega con la centralità data al problema della funzionalità/disfunzione erettile: “L’ ‘ansia di prestazione’ , collegata dal senso comune all’inesperienza dell’età puberale , diventa così caratterizzante del più globale rapporto del maschio con la propria sessualità, chiamata a rinsaldare , come si è visto, la fragile costruzione tardo moderna dell’identità individuale.”