martedì 31 luglio 2012

STORIE DI DONNE NEI RICORDI ESTIVI

Andava sempre così, ogni anno. Lasciavo il lento accelerato diretto Ancona a Senigallia e attendevo, paziente, il diretto per Roma. Diretto per modo di dire, perché si fermava in una moltitudine di stazioni da Fabriano a Foligno. Ma viaggiavo bene, in prima classe, perché l’onorevole Benigno Zaccagnini consegnava i biglietti omaggio riservati ai parenti, alla segreteria provinciale del partito. Un certo numero toccava a noi del M.F. ed erano utilizzati per recarsi nella sede di un convegno o di un corso. Alla stazione Termini un autobus filava fino alla Camilluccia, facendo qualche tornante prima di fermarsi. Villa Petacci, ribattezzata Centro Alcide De Gasperi, si nascondeva dietro la moltitudine di alberi del parco. Mussolini aveva fatto le cose in grande per la residenza di Claretta! La DC aveva acquistato la villa dagli eredi, vi aveva costruito una dépendance a un piano con qualche camerata, docce e gabinetti, un’aula per le lezioni, una cappella scavata nel fianco della collina con sopra la terrazza belvedere; vista mozzafiato su Roma antica. I grandi del partito, si leggeva qualche volta sui quotidiani, si riunivano alla Camilluccia. Ma funzionava anche come scuola di partito. Una famiglia custodiva la villa e cucinava i pasti per le giovani e i giovani che partecipavano ai corsi di formazione. Ogni anno le delegate provinciali del Movimento Femminile sceglievano una o due giovani da inviare al corso estivo di luglio. Ogni anno L’incaricata nazionale giovani del M.F. Gabriella Ceccatelli e la vice delegata nazionale Tina Anselmi decidevano il tema e cercavano, tra docenti universitari, onorevoli e dirigenti d’istituzioni come Giuseppe Petrilli presidente dell’IRI. Fatta eccezione per la prima lezione inaugurale che tradizionalmente era tenuta dalla professoressa Lidia Menapace dell’Università Cattolica, dirigente del M.F., esponente autorevole della corrente di Base del Nord Italia. E membro del consiglio nazionale. Alle lezioni seguiva la discussione. Gli interventi, immancabili, miei e di Paola Colombo erano solitamente molto apprezzati. In cappella celebrava un prete che si diceva, essere stato un amico di De Gasperi. Le omelie se partivano dai sacri testi, finivano sempre in politica: ci narrava di eventi e intrallazzi sconosciuti alle cronache; aggiungendo cosa aveva consigliato di fare a De Gasperi e ad altri capi storici. La sera, non potendo scendere a Roma data la distanza e la rarità dei mezzi pubblici, ci prendevamo il ponentino al belvedere, ascoltando qualche barzelletta in veneto di Tina Anselmi alla quale cantavamo “ Ciao Bella Ciao”. Durante la settimana del corso era tradizione che venisse a salutarci il segretario nazionale del partito. Alla fine del corso facevamo un giro panoramico di Roma su una corriera e la Ceccatelli, caustica e arrabbiata, non mancava di commentare “il sacco di Roma”, cioè gli obbrobri edilizi che si erano già mangiati meravigliosi pezzi di natura. Nel luglio del 1968 il corso si tenne alla Domus Mariae ( residenza alberghiera ell’Azione Cattolica Femminile) perché non potendone più delle docce di acqua fredda e delle grandi camerate, avevamo ottenuto un’ubicazione migliore. Toccò a me scegliere il tema e organizzare il corso. Non ebbi dubbi: la contestazione giovanile, in altre parole, il movimento poderoso scoppiato sia in Europa sia negli Stati Uniti per opera dei giovani delle università. Tenni la prima lezione al posto di Lidia Menapace che non avevo potuto invitare perché in odore di eresia e sospesa dal consiglio nazionale per non aver chiesto “il permesso” al segretario del partito dove aveva accettato di partecipare a una tavola rotonda con un comunista. Qualche giorno prima dell’inizio del corso era uscita poi clamorosamente dalla DC dichiarando “la scelta marxista”. Paola Colombo Svevo è morta nel 2010, aveva sessantotto anni. E’ morta, prima, anche Gabriella Ceccatelli. Paola era stata senatrice DC, ass. regionale ai servizi socio-.sanitari in Lombardia, ,deputata europea del Partito popolare, vice presidente della Commissione per le libertà pubbliche e gli affari interni, membro della Commissione per i diritti delle donne, ecc. In un video che si può vedere in Internet degli ultimi anni prima di morire, parla a favore delle quote rosa. Non l’avrei riconosciuta, ma la voce, l’eloquenza della parola mi ha richiamato i suoi interventi da incaricata giovani provinciale di Milano e studentessa di scienze politiche, ai corsi e ai convegni nazionali. Poi le nostre strade politiche si erano separate. I partiti, soprattutto la Dc e il PCI, curavano la formazione dei futuri dirigenti. Il M.F. aveva una sua rivista mensile, dopo la guerra, che si chiamava Donne d’Italia e che venne trasformata in trimestrale di ricerca e di studio con il nome di Donna e Società. La dirigeva la delegata nazionale Franca Falcucci . In redazione oltre a Tina Anselmi, la sottoscritta, Gabriella Ceccatelli, Paola gaiotti, Rosetta Jervolino e qualche altra. Frequenti erano i convegni di studio spesso indirizzati a studiare il cambiamento del diritto di famiglia. Pare che la documentazione del M.F. sia andata perduta quando è stata cancellata la DC. Forse ai dirigenti quel materiale di donne sarà parso insignificante.

giovedì 26 luglio 2012

NON PRENDE ORDINI DA UNA DONNA.SEGUE IL POLITICAMENTE CORRETTO

In un grande comune della Lombardia l’architetta responsabile del controllo dei cantieri, è costretta a farsi accompagnare da un impiegato geometra quando ci sono all’opera muratori musulmani che non intendono “prendere ordini da una donna”. In questi giorni qualcosa del genere è accaduto a Venezia, precisamente al noto hotel Danieli, dove un egiziano di religione musulmana si era licenziato per non “obbedire” alla dipendente governante. Non avendo trovato un altro lavoro (c’è la crisi!), era ritornato sui suoi passi ottenendo la riassunzione perché è stato applicato il multiculturalismo: la governante sarà affiancata da un collega appartenente al sesso maschile. Il multiculturalismo sta alla base del “politicamente corretto”. A chi è utile? Pierre Bourdieu, sociologo e filosofo, pensatore originale e molto autorevole, ha scritto che c’è un inconscio culturale rintracciabile sia nei testi dell’antica Grecia, sia in quelli della ‘attuale o dell’Italia del Sud, della Spagna e ,in genere di tutte le coste del Mediterraneo. Si tratta di un inconscio culturale in materia di maschilità e di femminilità dovuto alla costanza delle strutture simboliche. Infatti: come mai, nonostante i cambiamenti tecnologici ed economici, il dominio maschile può ancora perpetuarsi? Secondo il sociologo il mercato dei beni simbolici costituisce un ambito relativamente autonomo rispetto all’ordine tecnologico ed economico. Come dire che questo pensatore, a differenza dei politici e dei teologi, ammette l’esistenza della psiche, in altre parole (anche) dell’inconscio dinamico. Nell’anticipazione di un testo di Bourdieau pubblicato sul quotidiano La Repubblica (24 lug.) si legge: “La logica specifica dell’economia simbolica si perpetua, infatti, perfino negli ambiti più strettamente economici come quello delle imprese ed è osservata soprattutto in determinati universi, per esempio quello della produzione culturale…”. In questa economia simbolica la donna è più oggetto che soggetto. In altri termini : l’essere sociale delle donne è un essere percepito, un essere per lo sguardo ,tramite lo sguardo . Le donne sono condannate a essere percepite e a percepirsi attraverso le categorie maschili. Il corpo di una donna è per l’altro, per gli altri; un corpo abitato dallo sguardo altrui maschile. Fare scoprire o coprire il corpo femminile in pubblico: stessa valenza, identica logica maschile. Mentalità musulmana e mentalità cristiana o cattolica sottintese alla cultura mediterranea, si equivalgono. Accontentare l’egiziano del Danieli, come i muratori musulmani, svela un quadro identico di “politicamente corretto” che si consuma nell’ambito della conferma della marginalità dell’essere donne secondo l’economia tradizionale die beni simbolici.

martedì 17 luglio 2012

UN GRILLO PARLANTE E UN CAVALIERE IN RIEDIZIONE

Fa discutere e reagire d’indignazione il blog di Beppe Grillo sulle ultime vicende del Pd, quando la Bindi a una’assemblea, ha cancellato la possibilità di votare un o.d.g. o giù di lì, sulla legittimazione giuridica delle unioni omosessuali. Il parallelo con la famosa frase di Berlusconi sulla Bindi più intelligente che bella, è facile e veritiera. Il comico leader ha scritto, letteralmente ,che “La Bindi ,che problemi di convivenza con il vero amore non ne ha probabilmente mai avuti, ha negato la presentazione di un documento sull’unione civile tra gay.” Richiamando, di un sol colpo, uno stereotipo: una donna vale meno se non è sposata o suora. Ovvero, se non si è (ufficialmente) identificata con i doveri sponsali e materni, fisici o spirituali. Bersani ha dichiarato che Grillo è più maschilista del cavaliere. A dir il vero: Grillo, il cavaliere e tutti gli altri, come si evince anche dalle richieste dimissioni alla consigliera regionale della Regione Lombardia Minetti, fatta eleggere nel listino bloccato di Formigoni per volontà dello stesso Berlusconi e da lui recentemente difesa in un intervento telefonico all’Infedele di Gad Lerner. Tradizione per tradizione maschilista: le donne sono oggetto d’uso qui e là, senza tanti scrupoli. E se oggi conviene al cavaliere redivivo, magari per rifarsi la faccia con il Vaticano, cancellare le “sue” donnine imposte nei posti della politica regionale o nazionale, questo si deve fare prontamente come dimostrano le varie dichiarazioni, a cominciare dalla Santanchè che la Minetti difese con il riferimento alla Jotti: assunta in Parlamento perché “donna del capo”. Ora la coriacea donna-di-potere dichiara che la Minetti deve togliersi di mezzo perché fa la consigliera per lo stipendio; non per amore della politica. Cioè una cosa che tutti/e sapevano in Italia e dintorni. Per squalificare la democrazia rappresentativa Berlusconi (a favore di un’idea, o forma di governo che paurosamente assomiglia a qualcosa di già vissuto in Italia!) ha sempre usato le belle donne che lo avevano affascinato (e servito) senza andare troppo per il sottile, tipo guardare alle competenze culturali e all’esperienza politica sul campo. Grillo, la notizia c’è stata poco sulla stampa, aveva dichiarato al Corriere della Sera (25 giù.) che i diritti delle donne in Iran sono rispettati: “ Mia moglie è iraniana. Ho scoperto che la donna in Iran, è al centro della famiglia.” Certo, è talmente al “centro” che fuori se non si occulta sotto veli (meglio se neri ) da capo a piedi rischia la censura e le sue conseguenze micidiali. Così sappiamo qualcosa di più sull’ideologia personale del leader 5 stelle. Un’ideologia italiota consolidata e dura a morire, come si evince dalla scarsità di presenze femminili nei posti chiave della politica di tutti i partiti. Come salta fuori dall’inchiesta dell’Espresso (19 lug., Morire d’onore) sulle tante donne uccise in Calabria (dalla ndrangheta) per punirle di un tradimento vero o presunto. Nel 1981 (non nel 1881!) è stata cancellata la norma che permetteva le attenuanti per i delitti d’onore; da intendersi quelle uccisioni, da parte dei maschi parenti, di giovani nubili, sposate o vedove, che sgarravano rispetto ai “doveri” del loro status di femmine -proprietà dei maschi di famiglia. L’Espresso scrive che si riconosceva il valore sociale dell’onore e, dunque, le attenuanti a chi ammazzava per difendere la reputazione; della famiglia, cioè dei maschi. Ebbene, perché le attenuanti sono state cancellate, ma l’usanza tribale patriarcale permane forse non soltanto in Calabria, le donne che sgarrano rischiano….il suicidio. Moderno aggiornamento del delitto d’onore, amen. Magistrate come Alessandra Cerreti ha convinto alcune giovani a collaborare garantendo protezione e così sono partite delle indagini. Resta l’amaro in bocca rispetto al teatro della politica: anche le presunte novità, come il movimento di Grillo, mostrano bel presto il lato solito, antico e refrattario al cambiamento del maschilismo.

venerdì 6 luglio 2012

LA PANCIA DEL PAESE ITALIA....................

Una signora romagnola sui sessanta anni dice: ” L’educazione dei figli è molto importante “ intendendo che una donna dovrebbe sacrificare lavoro ed eventuale carriera allo scopo. Aggiunge qualche esempio tratto dalle sue conoscenze. Aggiunge, illuminata, che sono “molte” le donne che “scelgono” di rinunciare al lavoro per “dedicarsi” alla cura dei figli. E’ chiaro che per la signora non esistono inchieste e statistiche: quel “molte donne” sono una sua personale, personalissima opinione utile allo scopo. Osservo che l’educazione dei figli/e dovrebbe essere compito di entrambi i genitori. E che anche i padri potrebbero rinunciare alla carriera e addirittura al lavoro per dedicarsi alla….paternità. Interviene un’anziana signora meridionale, da oltre quarant’anni nel Nord d’Italia, che dice: “ ma ci sono i ruoli!”. Intendendo che spettano alle donne la cura e l’educazione della prole. Osservo che la pensa come, per esempio, i musulmani. Cattolici, islamici….continuano a ritenere che la divisione dei ruoli sessuali rispetto al privato (la cura) e il pubblico (lavoro e politica) sono cosa naturale. La signora del Sud cattolica non è, ma da cattolica pensa e obietta. Entrambe, la romagnola e la meridionale concordano nella presunta libera scelta da parte delle donne quando decidono di lasciare una professione per “dedicarsi” totalmente all’allevamento della prole. Quale correlazione c’è tra mancanza di adeguati servizi sociali per favorire la conciliazione dei tempi e la “libera scelta” del part time o dell’abbandono del lavoro da parte delle madri? Le signore non capiscono. O non vogliono/possono capire? Un’anziana signora ex sessantottina mi spiega la sua tesi a proposito della scarsa riuscita del figlio adulto di un’amica: “Lo lasciava alla nonna troppo tempo, mentre lei se ne stava anche a chiacchierare con le amiche”. E il padre, dico io? Di nuovo dei padri eventualmente responsabili di esiti nefasti dell’ “educazione” nessun cenno. La responsabilità ricade sulle donne, ree di scartare, ignorare, prendere sotto gamba il dovere di identificarsi totalmente o primariamente con l’identità materna. Bene o male questa è la pancia del Paese Italia. Le donne sono inconsapevolmente complici del pensiero unico maschile (maschilista) pur pagandone ampiamente le conseguenze. L’autonomia di pensiero femminile è cosa ancora difficile da praticare su larga scala.