giovedì 22 dicembre 2011

UNA VOLTA PRENDIAMO ESEMPIO DALL'IRAN....

Qualche anno fa ho effettuato un viaggio turistico in IRAN , un paese straordinariamente ricco di arte ed estremamente ospitale. Eravamo alla fine di aprile e faceva già molto caldo. Forse perché coperta dal velo e da un camicione d’ordinanza ,cioè adeguato alla legge islamica, mi senntii male. Mi trovavo nei pressi della meravigliosa piazza di ISFAHN e trovai immediatamente “ospitalità” all’interno di un grande negozio di tappeti. Quando arrivarono gli altri del nostro gruppo italiano con la guida iraniana, venne chiamata un’ambulanza del pronto soccorso che mi trasferì in un ospedale lindo e ben tenuto e assai “modesto” rispetto ai nostri standard. Dopo qualche intervento, tipo elettrocardiogramma, mi consegnarono una ricetta scritta in farsi e mi lasciarono rientrare in Hotel con la guida italiana che m i aveva accompagnato come interprete. L’autista del taxi si offrì di acquistare le medicine in una farmacia. Con mia sorpresa mi consegnò una bustina di plastica con un numero di compresse giuste, giuste per i tre giorni prescritti dai medici dell’ospedale. Come mai invece in Italia si devono acquistare ,sempre, dico sempre, intere confezioni anche quando (capita spesso) la prescrizione prevede un uso limitato? Le lobby italiche, qualcuno ha scritto, assomigliano alle antiche, medioevali, corporazioni d’arti e mestieri . Ora –quelle più potenti- si chiamano lobby dei taxisti di Milano e Roma, dei farmacisti,degli avvocati , dei notai, ecc.. E’ la corporazione potente dei farmacisti che ,insieme ai fabbricatori di medicinali, impedisce di fare come in Iran? Non vorrei che, prima o poi un’altra manovra vada ulteriormente ad abbassare il livello delle prestazioni, egualitarie, della sanità: mi piacerebbe allora che ci si ponesse l’obiettivo di prendere il buon esempio dall’Iran, e dagli stati che, anche in quel modo , riducono gli sprechi pubblici. L’Iran non è certo uno stato da prendere d’esempio per il suo sistema antidemocratico e per la misoginia certamente più estesa e refrattaria ai cambiamenti, soprattutto per le donne, m però in questo caso…

lunedì 19 dicembre 2011

UN CONVEGNO SULLA LAICITA' DELLA POLITICA E LE DONNE

Meno male che IL PAESE DELLE DONNE online ha pubblicato un resoconto del convegno che si è svolto il 17 nov. C.a. a Milano Università Bicocca, sul tema “Soggettività e laicità. Le donne protagoniste dello spazio pubblico.” Meno male, perché si sono avvicendate relatrici di non poco conto a trattare da diversi punti di vista il tema della laicità della politica. L’IFE Italia ha potuto organizzare il convegno grazie alla disponibilità ,oltre alla Bicocca, di ABCD (centro interdipartimentale per lo studio dei problemi di genere) e del CPO (Comitato Pari Opportunità). Secondo le organizzatrici dell’IFE ( Iniziativa Femminista Europea) il principio di laicità non riguarda solo la separazione fra la politica e la religione, ma chiama in causa la questione del diritto delle donne all’eguaglianza. L’”eguaglianza” , sostengono quelle dell’IFE, non va posta soltanto in un orizzonte di “pari opportunità”, ma come un principio in grado di divenire organizzatore di pensiero, di politica ed anche di conflitto. Quando si vive in contesti di ineguaglianza si pone fortemente l’istanza di avviare un processo , sia collettivo che individuale, per cambiare le strutture che hanno determinato l’ineguaglianza e i sistemi di potere asimmetrici. Interessante l’intervento di Nina Sankari (presidente di IFE Polonia e co-fondatrice dell’internazionale Libero pensiero) che ha invitato a considerare quale è stato il primo atto del governo rivoluzionario laici in Libia: instaurare la legge islamica (Sharia) elevandola al di sopra di altre fonti del diritto. Nina Sankari e Soad Baba Aissa ( Coordinatrice europea del gruppo di lavoro IFE sulla laicità), hanno messo in luce i rischi degli approcci multiculturalisti che caratterizzano attualmente buona parte delle sinistre europee. Un approccio che spesso porta a considerare gli islamici come “poveri oppressi” , censurando la violenza misogina che si nasconde non soltanto dietro l’imposizione del burqua o del velo. Oppure si rischia di considerare con qualche indulgenza la poligamia, se non, addirittura, con comprensione. Secondo Baba Aissa tre sono gli atteggiamenti che caratterizzano un certo Islam politico: 1. Il fondamentalismo ha interesse a diffondere l’immagine degli immigrati sempre come vittime di discriminazione ed esclusione sociale. Favoriti dalle destre che negano piena cittadinanza a donne e uomini migranti. “.2. Baba Aissa considera poi la corrente che usa “la breccia democratica” :strumentalizzando i principi democratici tenta di presentare come universali valori e precetti di una ben precisa dottrina religiosa,mentre orientamento è la costruzione di un comunitarismo identitario e reattivo fondato sulla superiorità maschile assunta come assioma. 3. Da una parte c’è il razzismo delle destre che enfatizza le violenze dell’Islam contro le donne (crimini d’onore, matrimoni forzati ,uccisioni), e dall’altra c’è la tendenza a considerare positiva (apriori) qualsiasi differenza culturale “arrivando a sostenere che per le donne portare il velo deve essere considerato un diritto! In nome dunque del rispetto delle culture…”. Al convegno si sono poste anche alcune domande interessanti. Qual è il modello credibile autorevole (in termini di dignità, coscienza, partecipazione, autodeterminazione) di donna laica che possiamo proporre? Su quali obiettivi ci possiamo incontrare con le donne musulmane? Quale spazio noi donne laiche siamo disposte a dare a queste alterità? Come rispettare le differenze culturali e rendere possibile la convivenza di valori e pratiche differenti sena che questo implichi una tolleranza passiva e senza chiudere gli occhi di fronte a pratiche che ledono i diritti delle donne che per noi sono diritti umani fondamentali? “. Appunto, che fare?

martedì 6 dicembre 2011

LA "TECNICA" FORNERO E I POLITICI-POLITICANTI

Che ne facciamo della commozione della ministra Elsa FORNERO mentre stava illustrando, in conferenza stampa con Monti e colleghi, il piano del Governo per la Previdenza? Un articolo chiaro e forte l’ha scritto Barbara Spinelli (La Repubblica, 6 dic.) e a quello vorrei riferirmi. Il tecnico, scrive Spinelli, ha dimostrato di avere più cuore di tanti politici. Mai parole sono state più, sinteticamente, significative. Poi aggiunge: “Ascoltare quello che effettivamente vien detto e fatto non ci apparteneva più. “. E prima: “Se il cuore di una persona trema, se quello del buon Samaritano si spacca alla vista del dolore altrui, vuol dire che alla radice delle emozioni forti, vere, c’è un sapere tecnico del mondo. (…) Perché dietro le lacrime e il non riuscire più a sillabare, c’è una persona che sa quello di cui parla: in pochi attimi abbiamo visto come il tecnico abbia più cuore (sempre in senso biblico) di tanti politici che oggi faticano a rinnovarsi.”. A parte le legittime perplessità sulle scelte di risanamento e rilancio “della crescita” del neo Governo, è indubbio che lo stile comunicativo è fortemente cambiato. Giarda si è presentato come un medico delle parole :”Sono qui solo per correggere errori”. Che differenza rispetto alla sicumera, alla ricercata pomposità retorica, alla ipocrisia o, peggio alla reiterata falsità dei politici-politicanti che dicono in pubblico e poi negano (“non l’ho mai detto”) , in altri termini l’esibizione irrefrenabile dell’ego virile! Quando, bene o male, questi “tecnici” si ritireranno nelle loro sedi universitarie o in altri lidi lavorativi, come faremo a riadattarci alle esternazioni prolungate dei politici eletti? Eletti come, poi?

martedì 29 novembre 2011

LUCIO MAGRI UNA MORTE SCELTA E ANNUNCIATA

“…un’espressione tra il malinconico e il maledetto” : ha scritto Simontetta Fiori su La Repubblica , unico quotidiano che ha subito ( 29 nov.) dato la notizia della morte cercata di LUCIO MAGRI in una clinica svizzera. Malinconico sguardo : questo è il ricordo di tanti, tanti anni fa, quando lo incontravo a un convegno o l’altro del Pdup, tra gli altri “grandi” del gruppo del Manifesto: Rossana Rossanda, Valentino Parlato, Luciana Castellina, Luigi Pintor, Lidia Menapace. Ricordo il suo scherzare esile a un pranzo a Verona, in collina , alla fine di un convegno. Ma ricordo anche la sua capacità di comunicare concetti suscitando autentiche passioni. Poi mi era giunta, da passaggi di parole tra ex di quel tempo ormai lontano , la sua volontà di suicidarsi in una di quelle cliniche svizzere che, immagino, a suon di soldi, ti garantiscono una fine “dolce”. Insomma, una morte non proprio proletaria se così si può dire. Era depresso, mi avevano raccontato; era irrimediabilmente sconsolato per la morte della moglie Mara; voleva lasciare la vita che gli era diventata insopportabile anche perle amare sconfitte della politica sognata. Scrive Lo psichiatra EUGENIO BORGNA : “Dalla malinconia alla depressione, e dalla depressione alla malinconia , c’è questa circolarità senza fine di emozioni che si rincorrono, e si allontanano, ma sempre nel contesto di una percezione dell’indicibile e dell’invisibile: vorrei dire ancora una volta.” (Elogio della depressione;Aldo Bonomi, Eugenio Borgna, ed. Einaudi ,2011). ” Della fragilità umana la depressione e la malinconia sono, e costituiscono, due aspetti, due immagini essenziali e paradigmatiche; e la fragilità, del resto, non è se non la metafora, o l’immagine, della sensibilità…(…) Fragilità, e sensibilità, sono così categorie psicologiche e umane di frequente ignorate, delle quali fanno parte come elementi di particolare pregnanza semantica depressione e malinconia, e anche certo, angoscia e inquietudine del cuore in senso agostiniano. “. Non c’è depressione senza angoscia, ma forse non c’è vita nuda, vita vera senza angoscia qui e là: venatura sottile, intermittente, ma sempre sofferenza autentica. La depressione, sostiene Borgna, è una malattia del tempo perché la dimensione temporale dominante è quella del passato: come rimpianto, colpa, nostalgia…senza futuro, senza un briciolo di speranza . Aveva 79 anni, era un anziano. Una condizione che nella società post moderna è considerata destituita di ogni significato e “degna solo di essere oltrepassata, di essere rimossa e accantonata.”. Difficile, in questa fase della storia, considerare ogni vita vissuta come dotata di possibilità e risorse creative. Forse anche Lucio Magri è stato un po’ travolto, inconsciamente, dall’aridità degli orizzonti di senso che ci circondano.

domenica 6 novembre 2011

"si è costruito dove non si poteva" PAROLA DI SILVIO BERLUSCONI

“Si è costruito, dove non si doveva”. L’ha dichiarato Silvio Berlusconi riferendosi al disastro provocato dalla “natura” a Genova. Incredibile! Il diavolo dichiara che si sta pagando il peccato. La Liguria è sotto assedio per le conseguenze del maltempo. Ora a rischio esondazioni svariate sono i paesi e le città della pianura padana fino all’Emilia. C’è da giurarci che terminato il maltempo e leccate le ferite qui e là, i sindaci continueranno ad approvare varianti o nuovi piani regolatori per aumentare cubature in cambio di una scuola o, comunque, di qualche soldo. Vittorio Messori, illustre scrittore e giornalista super cattolico, agli inizi degli anni novanta decise di trasferirsi a Desenzano per beneficiare del microclima del lago di Garda. Non si è pentito, nonostante sia ora oggetto di minacce anche di morte per i suoi interventi contro la sistematica cementificazione delle zone intorno al grande lago. Scrive sul Corriere Della Sera (27 ott.2011): “ …che cosa spinge persone ragionevoli, come si immagina siano in genere sindaci e assessori, a permettere, magari a favorire, la dissipazione sistematica, a freddo, di quell’oro verde-blu costituito dal loro territorio?”. E ancora: “Le due strade litoranee gardesane, l’orientale e l’occidentale, presentano ormai uno scenario ininterrotto degno di un hinterland metropolitano, con uno spreco agghiacciante.” E’ vero, le colline moreniche dove un tempo si stendevano uliveti e vigneti di antica origine romana ora sono un triste paesaggio di complessi residenziali e alberghieri. Ma ancora si costruisce qui e là nonostante la crisi. Dalle Alpi alla Sicilia: le amministrazioni sono solerti nell’approvare varianti o nuovi piani regolatori per permettere ampliamenti, innalzamenti di costruzioni, vendita di pinete e di boschi per nuove costruzioni di parcheggi in riva al mare piuttosto che di hotel a sette piani (Milano Marittima). Negli ultimi trent’anni abbiamo cementificato un quinto del Paese, pari a 6 milioni di ettari . Ora ci troviamo con 10 milioni di case vuote e con continui disastri ambientali anche dovuti ai famosi tagli lineari che hanno ridotto i fondi per il governo del territorio. Su La Reppubblica (5, XI) Carlo Petrini denuncia oltre lo scellerato consumo di suolo libero, la cementificazione selvaggia, “l’incuria cui sono sottoposti i terreni demaniali in svendita, i boschi, le coste e i suoli che un’agricoltura in crisi come non mai non riesce più a curare. Lo Stato da anni taglia fondi e personale per la cura del territorio.”. Il miliardo di euro stanziato con la Finanziaria 2010 per la messa in sicurezza del territorio non è mai stato reso fruibile e con la legge di stabilità è stato cancellato e sostituito con un impegno generico, non vincolante. La politica in generale (da Destra a Sinistra) ha enormi responsabilità perché non considera tra le priorità la difesa del territorio, la bellezza del Paese. Nei programmi dei partiti italiani l’ambiente,il territorio, l’arte, sono sempre stati sostanzialmente assenti. Anche se ormai è come chiudere la stalla quando i buoi sono scappati, si potrebbe, da parte della politica, fare come il comune di Cassinetta di Lugagnano (Mi) che ha deliberato la crescita zero del proprio Piano di Gestione del Territorio. A Cassinetta non si costruiranno più nuove abitazioni, ma si cercherà di recuperare l’esistente. Sigg. sindaci del lago di Garda di Garda ( che conosco bene) in maggioranza di centro- destra, delle coste della Romagna (mia terra) in maggioranza di centro-sinistra ,prendete esempio dal vostro collega. Ma, per favore, intanto, smettiamo l’ipocrisia di decantare l’Italia come il Bel Paese. C’era una volta….

martedì 1 novembre 2011

L'ETICA CATTOLICA DELL'ON.LUPPI E COMPANY

Ha scritto un libro per dimostrare una tesi cara ai ciellini eredi di don Giussani. Si è anche valso dell’autorità di un vescovo come monsignor Crepaldi di Trieste per sostenere che “è più grave la presenza di principi non accettabili nel programma che non nella pratica di qualche militante”. In altri termini: poco importa la vita privata che conduce un politico se il suo programma, il suo impegno può essere giudicato eccellente. Il politico-deputato dal 2001 il cui libro autobiografico sta per uscire, si chiama MAURIZIO LUPI. Tutti/e lo conoscono perché è sovraesposto nelle Tv italiane, dove gioca sempre una postura e un’espressione facciale da cattolichino sereno, impegnato e severo con se stesso. E come succede da sempre a chi ha avuto una formazione nella Chiesa, sa come scansare le domande inopportune (dal suo punto di vista) con delle giravolte improbabili. Dunque, IL CORRIERE DELLA SERA DEL 30 ottobre gli ha riservato un trattamento di favore con un lungo articolo intitolato: IL PDL LUPI SCRITTORE SULL’IMPEGNO DEI CATTOLICI ‘NON MI CONVINCE L’ONDATA DI MORALISMO’. Si sa che “l’ondata di moralismo” riguarda i giudizi che circolano sulla vita del (suo) Presidente di Consiglio. Inaccettabili! Certo, lui ammette che è legittimo un certo disagio, e che la sua vita di uomo che non intende cornificare la moglie, sia molto diversa. Lupi ha scritto anche per gli altri, soprattutto per i ciellini che sono i portabandiera in politica di un’antica tesi della Chiesa di Roma che s’impara a catechismo. In breve: Dio si serve per il suo disegno sull’umanità anche di servi peccatori. Altrimenti la storia della Chiesa non si saprebbe come accettarla, visto che è stata percorsa da Papi e prelati di potere assai lontano da scelte di vita evangeliche. Dalla Chiesa si passa allo Stato e il gioco è fatto. Come dire, da papa Borgia si passa a Berlusconi, entrambi nel “disegno divino” per il mondo. Paul Ginsborg ed Enrica Asquer hanno curato un libro (BERLUSCONISMO, ed. Laterza, 2011) che mette in chiaro come i quasi vent’anni di governo berlusconiano hanno contribuito a formare una sub cultura e una mentalità che sarà difficile scrollarci di dosso. Innanzitutto la celebrazione acritica del mondo dei beni di consumo. Con la Tv commerciale, con questo mezzo di comunicazione di massa usato per vendere beni e servizi , si è avviato un vero populismo culturale che , prima di tutto ha creato un certo modo di pensare l’identità femminile e maschile. Nell’introduzione si legge: “Terzo asso portante dell’universo berlusconiano è la visione dei ruoli di genere che esso propone". (….) A prevalere è un’immagine delle donne svilita, appiattita sul loro aspetto fisico e quindi su un’unica funzione, quella di oggetti del desiderio sessuale degli uomini.(…).” ) Non esiste miglior indicatore della salute o del malessere di una nazione della sua auto rappresentazione in termini di rapporti uomo-donna. In essa, Berlusconi è necessariamente implicato, sia in quanto ‘produttore di cultura’, capace di incidere sull’immaginario collettivo attraverso le sue televisioni e attraverso il fascino esercitato dal suo stile di vita di uomo ricco e assai potente. Come fanno i vari Luppi del mondo ciellino e della potente Compagnia delle Opere, non vedere che ormai prevale “un ‘immagine delle donne svilita, appiattita sul loro aspetto fisico e quindi du un’unica funzione, quella di oggetti del desiderio sessuale degli uomini.” .Ma “riduttivo” è anche la rappresentazione del genere maschile contraddistinto da una pulsione sessuale predatoria che spinge all’acquisto compulsivo di corpi femminili. Il neo liberismo alla Berlusconi, in un Paese arretrato per mentalità come il nostro, ha contribuito a costruire una “neolingua”, un discorso pubblico in cui il corpo delle donne è offerto come merce. Negli anni settanta i cortei femministi gridavano che il personale è politico, contro , appunto, la sub cultura patriarcale che tendeva alla separazione secondo, proprio, la tesi di Luppi. La vita “personale” di un politico è invece, sempre, la spia della sua visione della vita. Luppi ha un’idea approssimativa della mente umana; un’idea ottocentesca, prima di Freud e della “scoperta” dell’inconscio. Con Berlusconi e il berlusconismo è davvero difficile pensare che si possa uscire dall’antico dualismo dominato dall’Io: da una parte la madre, dall’altra la puttana. Una madre il cui eroismo si dimostra nel saper porre al centro della sua vita la famiglia: i figli, il marito, i vecchi genitori quando sono ancora in vita. Ovvero, una donna, la madre, per eccellenza a immagine della madonna: che sa rinunciare al lavoro, alla carriera, se necessario, per far fronte alla mancanza di supporti pubblici alla famiglia. Ma quel che importa, ai vari Luppi, è la garanzia che Berlusconi non farà alcuno torto alla Chiesa in materia di valori –o principi- irrinunciabili come sul tema del testamento biologico . Soprattutto che continuerà a garantire i privilegi della Chiesa.

mercoledì 19 ottobre 2011

LA SCHIZOFRENIA CRONICA DEL PD

L’intervista su un giornaletto locale può anche passare inosservata, mentre per importanza meriterebbe titoli a piena pagina. IL PGT PASSA PIU’ Sì CHE NO è il titolo che AREABLU, periodico del lago di Garda, ha riservato all’intervista con ROSA LEO, segretaria del Pd di Desenzano. 15 ott., n.10.) Rosa Leo denuncia l’ennesimo avvio di consumo scriteriato di suolo agricolo in nome del turismo. Il nuovo piano regolatore desenzanese prevede, infatti, una colata di cemento residenziale da parte dei privati, in cambio di una scuola. “Nuove case, di cui la città almeno per ora non ha bisogno, non farebbero altro che arrecare danno all’habitat agricolo: oltre che distruggere i vigneti.” . E per quanto riguarda il lungolago? La segretaria Pd risponde che il partito è contrario perché nove mila mq di cemento previsti fra il Dezanzanino e la spiaggia Feltrinelli snatura l’habitat. Il Pd probabilmente soffre di schizofrenia cronica e non curabile. Dove amministra la Destra, si fa ambientalista e dove amministra direttamente, si dedica alla distruzione ambientale come accade, per esempio, a -Milano Marittima dove ora si vende anche un tratto importante di pineta agli immobiliaristi. Il risultato è che ovunque, dalle coste alle colline, alle montagne, ai laghi, si è costruito per fare guadagni comunali e privati; facendo diventare questo Paese tra i più brutti e invivibili. Il filosofo ROBERTO ESPOSITO ha scritto un articolo interessante su LA REPUBBLICA (14 ott.) per esporre e raccontare tesi e libri sulla questione dei “beni comuni”. Una foresta, una pineta, l’acqua potabile, l’aria che respiriamo, il terreno agricolo che ci garantisce il cibo, ma anche i monumenti storici o le piazze dove ci può incontrare, sono beni comuni appartenenti a tutti; non appropriabili da privati e dallo Stato per la sistematica eliminazione, inquinamento, distruzione con vari mezzi e scopi. L’opzione dei beni comuni, scrive Esposito, sconta purtroppo una doppia diffidenza da parte dei partiti tradizionali, poiché siamo di fronte a un lessico trasversale, difficilmente riconducibile alla dicotomia destra/sinistra. Ma c’è anche il peso della tradizione giuridica coincidente con la storia della modernità che ha favorito la distruzione di boschi, torrenti, città e chiese, ecc., che in epoca medioevale sfuggivano alla proprietà privata e a quella degli stati . Nel Novecento liberalismo e socialismo condividono la stessa logica che divide il mondo tra beni privati e beni posseduti dallo Stato. E’ così che nazionalizzazione e privatizzazione diventano addirittura parole d’ordine che attraversano tutto il Novecento. Con la globalizzazione entrata in gioco nel nuovo secolo, altri soggetti proprietari come le multinazionali slegate da obblighi di responsabilità sociale, riducono il potere degli Stati e lanciano l’economia senza etica. I partiti, eredi delle ideologie storiche del Novecento, almeno nel significato sociale che permane, si limitano a lanciare tesi e parole d’ordine a livello nazionale condite di qualche antico afflato etico. Ai livelli locali e regionali, per esempio, la formazione dei dirigenti del Pd è inesistente; vince una sorta di pragmatismo spicciolo senza alcun respiro culturale degno di questo nome. Spesso, molto spesso i dirigenti anziani e giovani si esprimono in uno stile linguistico involuto che è stato chiamato politichese. Tematiche come quelle del welf fare declinate ai temi dell’età anziana, della cura che continua a pesare sulle donne, sono di solito ignorate e,forse, sconosciute. Un quadro assai deprimente in un’Italia alla deriva.

domenica 25 settembre 2011

SIG.VESCOVO DI VERONA GIUSEPPE ZENTI.....

Una passeggiata fino alla chiesetta romanica di sant’Emiliano di Padenghe del Garda, passando accanto al castello-ricetto sull’altura, è cosa gradevole in questo inizio d’autunno. Meno gradevole è scoprire che sono ormai stati portati a termine i lavori di ampliamento di una preesistente piccola costruzione staccata dal complesso antico. Nonostante le veementi proteste di un comitato e anche le resistenze dell’attuale amministrazione guidata dalla brava sindaca Patrizia Avanzini, il vecchio parroco ha raggiunto ormai il suo scopo: organizzare un ristorante accanto alla struttura romanica in un’area ancora incontaminata e con vista mozzafiato sul lago. Non sarà certo per qualche matrimonio con relativo pranzo che sono stati spesi i soldi per un ristorante di discrete proporzioni! Fatti due conti chi pagherebbe l’affitto senza ricavi certi e ampi? Il parroco sa benissimo che l’amministrazione comunale non intende concedere il benestare per un adeguato parcheggio a due passi dalla chiesetta. E allora? In questo Paese, in questa regione ciellina leghista, dove, tra l’altro, la laicità dello Stato è da sempre in forse, il clero sa bene dove trovare i….santi in Paradiso. Cioè don Negretto non avrà certo speso tanto denaro per un ristorante che non sia in grado di offrire ai suoi clienti un posto auto temporaneo a due passi dal coperto. Prima o poi…. Un giro in paese è oltremodo istruttivo. In un negozio, dall’edicolante, in un bar, c’è sempre qualcuno, o lo stesso proprietario, che ti racconta il fatto: don Negretto non ha voluto i monaci di Bose che gli avevano chiesto di poter aprire, usufruendo della piccola struttura accanto alla chiesetta, un centro di studi biblici. Come? Chiedendo loro un affitto esorbitante. In un’edicola del paesino ho trovato la rivista Jesus con in copertina la foto dei monaci di Bose nella loro chiesa durante una funzione liturgica e il titolo: ” la Comunità di Bose, Monaci dell’età secolare”. Un servizio ampio, di tanti articoli e foto, per descrivere questa fondazione monastica degli anni sessanta, fondata da ENZO BIANCHI nella Serra Morenica tra Ivrea e Biella, recuperando fin dall’inizio la chiesetta romanica di San Secondo e una struttura contadina assai fatiscente. Così la ricordo anch’io perché ci andai proprio nei primi anni, quando bisognava portarsi dietro il sacco a pelo e sfoderare un buon senso di adattamento. Già nel 1968 Bianchi elaborò le tracce di questa “chiamata” monastica per donne e uomini a carattere ecumenico. Una delle regole prevedeva di vivere del proprio lavoro. San Benedetto, San Francesco, i Padri del deserto, ma anche Charles De Foucauld e il teologo protestante Bonhoeffer, ispirarono Enzo Bianchi e i suoi primi compagni e compagne. Si discuteva apertamente in quei tempi animati del dopo Concilio, e anch’io e lui lo facemmo una discussione sulle pagine del mensile TESTIMONIANZE diretto da padre Ernesto Balducci. Non ricordo ora cosa avevo criticato in un articolo dopo la mia visita. Poi, quando ci incontrammo ad Assisi alla Pro Civitate Cristiana (inizio anni ’80), lui relatore al Corso Studi Cristiani di agosto ed io inviato del quotidiano IL MANIFESTO, disertammo felicemente la cattiva cucina del ristorante dei “volontari” della P.C.C. per una “buca” nel bellissimo centro storico dove si mangiava umbro veritiero. Enzo sapeva gustare la buona cucina, come d’altronde la grande contemplativa e monaca Teresa d’Avila. Ora Bose è una realtà complessa perché i monaci e le monache sfiorano il n. di ottanta e le attività sono tante, dal lavoro della terra per coltivare frutta e trasformarla in marmellata, al lavoro di studio, approfondimento teologico e biblico; e cura dell’ospitalità. Si legge nel n.9 di Jesus (p.58) che loro, i monaci, sono una “presenza cristiana che non fa proselitismo, ma è lì, in ascolto e preghiera…”. Se il parroco di Padenghe avesse accolto la loro discreta presenza, l’ambiente naturale che ancora si presenta intatto intorno alla chiesetta, ne sarebbe stato valorizzato, insieme alla possibilità di offrire un luogo di sosta, di preghiera per i credenti, di silenzio consapevole per chiunque. Ma anche di apertura della chiesa ora ermeticamente chiusa. Avrebbero tutelato un luogo antico di umanesimo e di fede, fornito uno sprazzo di speranza contro la deriva distruttiva della vita: alberi, erba, pietre antiche, antiche e nuove parole; capacità di ascolto, silenzi cercati e trovati in queste zone dove il consumo di suolo e di verde , il rumore e l’agitazione convulsa, hanno raggiunto livelli intollerabili. Padenghe appartiene alla diocesi di VERONA: non potrebbe il Vescovo offrire questa struttura, sebbene in ritardo, ai monaci di BOSE senza altra contropartita che la loro presenza?

sabato 17 settembre 2011

UNA RISPOSTA "POLITICA" DI UN GIOVANE POLITICO

Secondo me, invece, ci siamo tutti imborghesiti. Io leggo due buone notizie, la prima riguardo ad un provvedimento che, almeno nelle intenzioni, cercherà di arginare l'attuale disparità nell'accesso al lavoro, la seconda che in un grande momento di crisi, ci sono imprenditori che non vogliono speculare ma investire in nuove imprese. Il lotto in questione era a destinazione residenziale sin dai piani regolatori degli anni novanta e sapere che invece di appartamenti verrà costruito un albergo, che porterà nuovi posti di lavoro ed investimenti, personalmente mi inorgoglisce e da fiducia nel futuro. COSI' COMMENTA IL MIO ULTIMO BLOG SU FACE BOOK IL GIOVANE SEGRETARIO COMUNALE DEL PARTITO DEMOCRATICO DI CERVIA MICHELE DE PASCALE. CEMENTIFICAZIONE DI MILANO MARITTIMA AVANTI TUTTA! QUALCHE SUPPOSTO POSTO DI LA TRATTO RESIDUO DELL'ANTICA PINETA? TRASCRIVO IL COMMENTO AL COMMENTO DI UNA MIA AMICA SOCIOLOGA:non si pone minimamente il problema dell'impatto ambientale: pazzesco è come la logica dei due tempi delle politiche delle donne. Prima facciamo i cavoli nostri e poi, se qualcuna si fa sentire, facciamo qualcosa anche per voi!! COME SALVARCI DA QUESTI POLITICI EREDI DELLA ,PER TANTI ASPETT STUPENDA ,SINISTRA COMUNISTA ROMAGNOLA? CHI LI HA FORMATI SE NON SANNO NULLA ANCHE RISPETTO A TEMATICHE COME QUELLA DELLA CONCILIAZIONE DEI TEMPI PER LE DONNE AL LAVORO?

giovedì 15 settembre 2011

DUE NOTIZIE. UNA BELLA ,UNA BRUTTA

Una bella notizia. Una notizia che fa bene alla speranza così affievolita negli ultimi tempi in questa Italia alla deriva. La giovane Giunta del sindaco Pisapia offre un bell’esempio , a tutti i sindaci , un provvedimento da città del Nord Europa. Tra una decina di giorni la giovane assessora del Comune di Milano Cristina Tajani porterà in giunta un piano incentivi per le aziende virtuose. Ma perché? Per che cosa? Le discriminazioni e i licenziamenti delle donne al rientro dalla maternità, sono fenomeni all’ordine del giorno e, secondo la Cgil ,addirittura aumentati. L’assessora sa che bisogna difendere l’occupazione femminile evitando che le donne debbano “scegliere” di restare a casa o ritornare al lavoro. Certamente l’assessora conosce conosce il bel libro di Maurizio Ferrera IL FATTORE D. PERCHE’ IL LAVORO DELLE DONNE FARA’ CRESCERE L’ITALIA. (Ed. Modadori, 2088) . La delibera si chiamerà “Conciliazione tempi di vita-tempi di lavoro” e prevede percorsi certificazione , finanziati dal Comune, al termine dei quali verrà dato un bollino di riconoscimento . Per il 2011 la giunta stanzierà 30 mila euro , da rifinanziare nel 2012. Sarà valutata, per esempio, la presenza di nidi e baby sitter aziendali e l’applicazioni di orari flessibili durante l’allattamento e i primi anni di vita del bambino. Ma quale sarà il premio per le aziende? Avranno un bonus in più quando si presenteranno per aggiudicarsi i bandi. Una brutta notizia. Una notizia che si aggiunge,purtroppo, a tante altre e che invece abbassa il livello della speranza nel futuro di questo Paese. La LEGA AMBIENTE di CERVIA è di nuovo intervenuta per denunciare il persistere del vizio cementificatorio da parte dell’attuale amministrazione. Nel 2001 il sindaco Roberto Zoffoli si era preso l’impegno di un piano di sviluppo rispettoso del criterio di sostenibilità ambientale. Lega Ambiente denuncia che a 7 anni di distanza il piano non è stato approvato. Decolla invece la costruzione – a Milano Marittima- di un nuovo hotel a sette piani , a pochi metri dal mare, “con consumo di un’area pinetata di pregio naturalistico”. A Cervia c’è un’amministrazione di centro-sinistra. La sinistra amministra il comune romagnolo ininterrottamente dal dopoguerra. Sorge una domanda: come fa Bersani segretario del Pd a sostenere il rispetto e la tutela del patrimonio naturalistico a livello nazionale, e “permettere” ai “suoi” amministratori comportamenti così simili a quelli da sempre largamente praticati e giustificati dai colleghi della destra dal Nord al Sud? Qualcosa da rimettere in discussione nell’organizzazione dei tradizionali partiti, forse sarebbe opportuna.

sabato 3 settembre 2011

martedì 23 agosto 2011

LA BELLEZZA E LA RIVOLUZIONE. IL SUICIDIO DI UNA NAZIONE

“Una città, come un fiore, un albero….”. “villette graziose, variamente colorate, in mezzo al verde cupo dei pini, sullo sfondo glauco del mare.”. Era il progetto della “città giardino” del “visionario” pittore milanese Giuseppe Palanti che doveva sorgere nella “foresta” pinetale a lato della Cervia settecentesca.
“Parole profetiche per la nascita di Milano Marittima e che andrebbero fatte leggere oggi agli amministratori pubblici e tecnici comunali, che negli ultimi anni hanno dimenticato i valori dei padri fondatori delle località che si affacciano sull’Adriatico, per dedicarsi alla costruzione selvaggia di condomini e appartamenti. “
A Milano Marittima, –scrive Letizia Magnani nel suo ben documentato libro in occasione del centenario della nascita di Milano Marittima (MILANO AL MARE, ed.SBC,2011): “Il cemento ha da troppo tempo preso il posto del verde. Destino comune a molte località ….”. Eppure era stata pensata e ideata “con un senso di reverenza nei confronti della pineta e i suoi alloggi, che devono essere semplici, essenziali e però anche belli, devono nascondersi, mitigarsi, perdersi all’interno di quel bosco secolare.".
La bella Italia che qualche politico in vena di retorica declama ogni tanto è ormai il passato.
La filosofa Roberta De Monticelli ha pubblicato un articolo di fuoco e di atroce e sofferto pessimismo, intitolato: “IL SUICIDIO MORALE DELL’ITALIA” ( IL FATTO QUOTIDIANO ,23 agosto 2011). Il paesaggio naturale e il paesaggio storico, scrive la filosofa, dalla Val di Susa alla Sicilia, dall’Altopiano a Pantelleria, dalle isole toscane al Salento, sono sottoposti a cementificazioni e sconvolgimenti artificiali in accelerazione esponenziale nonostante la crisi mondiale e soprattutto italiana.
Terribile è infatti l’omertà che circonda il trivellamento del Mediterraneo sotto Lampedusa , alla ricerca del petrolio con i rischi che ben conosciamo dopo i fatti accaduti nel mare della California a lamentare ( e debolmente protestare) ,in pieno diritto, la mancanza di lavoro ,ecc.ecc.
Nel Lazio, denuncia la De Monticelli, è appena stata approvata una normativa che permetterà di costruire trentacinque porti turistici nell’arco di un centinaio di chilometri.
“Ma le migliaia e migliaia di stupri consumati in ogni angolo del Belpaese resteranno probabilmente ignoti ai più…”: appunto.
In Italia, aggiunge con toni accorati, “si sta consumando il più gigantesco crimine contro le anime che la nostra storia –tutta intera- ricordi. La distruzione della bellezza è un crimine senza pari, un crimine di cui in troppi siamo complici….”.
Cita un noto e grande psicoanalista junghiano americano, Hillman :”Se i popoli si accorgessero del loro bisogno di bellezza, scoppierebbe la rivoluzione”.
Da parte sua rincara la dose:” La distruzione della bellezza è come un suicidio di massa delle nostre anime. E i morti non fanno una rivoluzione: né politica, né tanto meno interiore.”
Se alla mattina presto , quando ancora la frescura e la brezza marina ti raggiungono mentre cammini sul lungomare di Cervia , scorgi sul muretto i resti plastici e alimentari di festini giovanili notturni e rischi di calpestare cocci rotti di bottiglia, una domanda te la fai: chi educa i giovani alla bellezza del paesaggio naturale e storico? Chi li educa alla “custodia ai beni comuni (…) che sono il nostro stesso volto, la nostra identità culturale e spirituale “?
Perché nelle famiglie e nelle scuole di ogni ordine e grado, nei rimasugli di partito, nelle chiese, nelle associazioni di volontariato…, nei setting psicoanalitici…. non si insegna o comunica che “la bellezza è lo splendore di ciò che è prezioso, è l’essenza del valore che si fa visibile.”?
Noi tutti stiamo assistendo, scrive in conclusione la filosofa, alla tragedia del suicidio morale di una nazione. “Per questo tutti gli istigatori di questo suicidio stanno commettendo un crimine senza pari.”
E' un Paese,il nostro, che ogni giorno si riempie la bocca collettiva di parole e frasi come : giustizia sociale, rispetto della persona, rispetto della vita nascente e morente, difesa della famiglia naturale…. Così anche al meeting di COMUNIONE E LIBERAZIONE a Rimini di questi giorni agostani. Così alle feste e alle ricorrenze della politica e dei leader di qui e di là, di sopra e di sotto, di destra e di sinistra.



sabato 20 agosto 2011

LA SOLITUDINE SESSUALE SUL MONTECAMPIONE

Nigeria, Ghana, Senegal, Mali, Sudan, Togo, Nigeria: 116 uomini tra i venti e i quarant’anni in attesa di essere riconosciuti come profughi parcheggiati a Montecampione (Bs) in Val Camonica a 1800 metri sopra. La frazione più vicina a 1200. Ancora con gli abiti dello sbarco, aiutati da qualche volontario della valle, ma non dalla Croce Rossa che si rifiuta di aprire un presidio, senza un minimo di garanzie. Niente da fare tutto il giorno dal 25 giugno. Lo denuncia Enrico Arosio giornalista de’ L’ESPRESSO (25.8.2011) che lassù ci è andato per intervistarli.PROFUGHI D’ALTA MOTAGNA, è il titolo che racconta “L’assurda vita dei rifugiati africani mandati sulla vetta lombarda. Scappati dalla Libia e obbligati a non far nulla”.
Ma poi una caduta di quelle che si potrebbe dire di genere. Scrive: “In due parole: niente sofferenze, ma niente vita. Solitudine relazionale, affettiva, sessuale.”.
Provate a immaginare: se al posto di 116 maschi ci fossero 116 femmine con qualche bambino il solerte giornalista avrebbe scritto: Solitudine….affettiva, sessuale?
Poi magari ci sarà chi in cuor suo, ma anche ad alta voce, commenterà: ma perché, poveretti, non gli portano qualche prostituta?

mercoledì 10 agosto 2011

CARO SINDACO PISAPIA COSI' NON VA........

Caro sindaco Pisapia, ti avrei votato volentieri e ho comunque esultato alla notizia della tua elezione. Però ho cominciato a nutrire qualche dubbio sulla tua capacità di resistere al rischio di manipolare la realtà che caratterizza distintamente i politici di casa nostra. Mi è successo quando ho letto sulla stampa locale che hai speso parole di lodi per il sindaco di Cervia del centro sinistra che da queste parti pare sia stato soprannominato “cementino”. Hai risposto con entusiasmo , spendendo lodi sperticate e senza, pare, chiederti se le cose stanno proprio così, all’invito a partecipare al centenario di Milano Marittima, “città giardino”. Ma sei mai stato a Milano Marittima? Spero proprio di no, perché avresti almeno un alibi.
Milano Marittima è localizzata nell’ex folta pineta secolare a lato di Cervia. Nel 1907 tra l’amministrazione e i signori Maffei venne registrato un atto di fondazione della Società Lombarda per la cessione di appezzamenti marini con l’obbligo di costruire villini, parchi, giardini con il nome di Milano Marittima.
Iniziò così : vennero costruite anche due ville a Cervia, vicino al porto e alla spiaggia dentro ampi parchi. Una delle due, ristrutturata negli anni cinquanta, gode ancora di un ampio parco.
Nell’agosto del 1911 nasce la Società Milano Marittima, voluta anche dal pittore Giuseppe Palanti che aveva in mente un progetto urbanistico originale mutuato da Ebenezer Howard: “ la città giardino”.
Ovvero, villini costruiti in mezzo a tanto verde pinetale.
Ancora dopo la seconda guerra mondiale la pineta si espandeva rigogliosa . Non lo fu per molto. Già con il rilancio del turismo di massa si iniziò a distruggere il preesistente patrimonio di villini con hotel e ammassamenti di costruzioni con negozi e appartamenti. Pian piano le stupende dune costellate di pini verranno spianate fino ad arrivare a oggi, con residui pini per i viali e ben pochi intorno alle abitazioni e agli alberghi. Le foto scattate da Lega Ambiente dimostrano come si sono allargati, soppiantando il verde, le ville e gli alberghi. Per ultimo l’amministrazione di “cementino” ha in progetto un mega parcheggio in riva al mare.
Caro sindaco Pisapia, soltanto i politici abituati alle forme retoriche del potere si fanno visita e si legano in collaborazione come i giornali locali hanno raccontato volete fare per il prossimo futuro tra Cervia e Milano, tralasciando la riflessione culturale. Quella capacità di riflessione che avevo notato con piacere durante la tua campagna elettorale è già stata riposta nel cassetto?
Lo sai che il primo capitatolo della nuova costituzione dell’Ecuador tutela anche i diritti della natura?
Perché a differenza che da noi (destra o sinistra non importa), essa appare come una sorta di persona vivente.
Il presidente boliviano Evo Morales e un summit latino americano hanno riconosciuto che gli ecosistemi in quanto tali sono titolari di diritti.
Loro mettono all’ordine del giorno il tema dei beni comuni. I pini della mia infanzia abbattuti inesorabilmente per la miopia delle giunte di Sinistra (Pci) e poi di centrosinistra in un consumo di suolo che conferma un pensiero liberale fatto di egoismo individuale in nome del profitto, dimostrano un grande deficit culturale che tu, con la tua elezione, mi avevi fatto sperare di aver voglia di contrastare.
Mi sono sbagliata?

sabato 6 agosto 2011

LEGA AMBIENTE E GOLETTA VERDE CONTRO LA PROGRESSIVA FURIOSA CEMENTIFICAZIONE DEL LITORALE CERVESE

Quando i politici, siano essi ai livelli alti o siano essi ai livelli micro del territorio nazionale, disertano i confronti con i cittadini dell’associazionismo, vuol dire che hanno la coda di paglia. In altri termini che non accettano il conflitto d’idee e proposte per insipienza culturale o interessi precisi da difendere.
Lega Ambiente e Goletta Verde hanno indetto una conferenza stampa a CERVIA per discutere delle scelte dell’amministrazione comunale che continuano imperterrite nella direzione del consumo di suolo. In altri termini non smettano di favorire la cementificazione. Ma, appunto, gli amministratori della città costiera dell’Adriatico romagnolo erano assenti. Disturbante la proiezione d’immagini del “prima” e del “dopo”, riferite a costruzioni architettoniche (case e hotel) che si sono mangiate via via una miriade di pini negli ultimi anni. Faceva un certo affetto anche perché quest’anno, con grande enfasi si celebra il centenario di Milano Marittima costruita distruggendo progressivamente e in maniera scriteriata ,il polmone verde dell’antica pineta.
Goletta Verde di Lega Ambiente “lancia un appello affinché si concretizzi un Piano Strutturale capace di porre un freno al cemento” a Cervia per salvare il salvabile.
Secondo i dati del Dossier di Lega Ambiente “Un’altra casa?”, sono circa 21.500 il numero di chilometri quadrati di suolo urbanizzati. Lorenzo Frattini, presidente di Lega Ambiente Emilia Romagna, ha fatto presente che il consumo di suolo avanza in Emilia Romagna con una media di otto, 5 al giorno contro la media nazionale del 7,1.
Al consumo di suolo contribuiscono anche le infrastrutture e in particolare le strade e le autostrade.
In serio pericolo d’irreversibile perdita in termini di qualità di una vita salubre e bella, ci sono proprio i litorali.
A Cervia l’amministrazione di centro-sinistra, per esempio, ha intenzione di dare il benestare a un parcheggio multipiano a ridosso della spiaggia a Milano Marittima.
Molte sono le domande che sorgono spontanee: c’è ancora qualche differenza tra il modello culturale e di sviluppo economico di un’amministrazione di centro-sinistra rispetto a quello coltivato da un’amministrazione di destra?
E poi: i politici di centro-sinistra sono in grado di coltivare un pensiero che favorisca un cambio di paradigma, come ha detto nel suo intervento Massimo Serafini di Goletta Verde, che non proceda più nella direzione del concetto di crescita economica che comprende inscindibilmente quello di onsumo del territorio? E anche, aggiungo quello di distruzione delle condizioni base per i viventi quali l’acqua e l’aria per il presente e per il futuro.

martedì 2 agosto 2011

TINA ANSELMI E I SUOI DIARI

Nel 1981 Tina Anselmi accettò la carica di Presidente della Commissione Parlamentare d’inchiesta della P2 di Licio Gelli. Da poco è uscito un poderoso volume (ed. Chiare Lettere) a cura della giornalista Anna Vinci con i diari di Tina Anselmi scritti su tanti foglietti in quel periodo. Si sa che Tina Anselmi non gode di ottima salute da diversi anni e infatti il suo nome non sta più nelle cronache di questo povero Paese che lei amava girare , dopo il suo ritiro dalla politica parlamentare e di partito, per raccontare soprattutto il periodo partigiano che la vide staffetta generosa nel trevigiano. Alcuni giorni fa navigando nel Web a caso, mi sono imbattuta in un video dedicato alle ministre d’Italia: da Tina Anselmi a Mara Carfagna.
Tina è stata la prima ministra, anno 1976, di questa Repubblica misogina. Nel video ci sono le sue foto di ragazza a Treviso e una bella intervista (1983) di Enzo Biagi sui lavori della commissione P2. Biagi le chiede se sono stati interrogati i politici e Tina risponde “Li abbiamo ascoltati in seduta pubblica…”. In seduta pubblica? Certo, risponde, perché il politico “deve sempre rispondere al Paese di ciò che fa…”. Lapalissiano, no?
Invece ora c’è un gran darsi daffare per invocare la privacy dei politici, delle persone con cariche pubbliche.
E’ il segno dello stravolgimento di mentalità avvenuto in questi lunghi anni di berlusconismo imperante. O ,per dirla con il sociologo Bonomi, di “individualismo proprietario”.
Chissà se un giorno Tina Anselmi accetterà di pubblicare anche i suoi diari segreti degli anni sessanta?
Lo ricordo: eravamo nel belvedere della Camiluccia, ovvero al centro Alcide De Gasperi a Roma: la villetta che Mussolini regalò alla sua amante Claretta Petacci sulle stupende colline romane. Dopo la guerra venne acquistata dalla Democrazia Cristiana che, nell’immenso parco, costruì qualche camerata per ospitare d’estate i giovani e le giovani da formare alla vita politica dirigenziale.
Le giovani del Movimento Femminile, di cui Tina era vice delegata nazionale , salivano in luglio alla Camiluccia per il corso estivo . Lei era sempre presente insieme alla delegata nazionale Gabriella Ceccatelli. Dopo cena - i pasti si consumavano nella sala da pranzo della villa- si “prendeva” il ponentino nel belvedere cantando in coro (in suo onore “Bella Ciao”) o ascoltandola, anche, raccontare, barzellette in lingua veneta.. Fu in una di quelle sere, 1964 o 1965- che Tina accennò a suoi diari aggiungendo che contenevano informazioni esplosive. Come corrente faceva parte di quella morotea e a Moro era molto legata personalmente. Nel 1968 venne candidata alla Camera dei Deputati. Ritornò a Treviso - lasciando Roma dove si era trasferita per fare la dirigente nazionale del Movimento Femminile- per curare la campagna elettorale nel collegio Treviso –Padova. Non le fu facile, perché ,specialmente a Treviso, prevaleva la DC di destra. Ci riuscì e tornò a Roma da deputata. Ci riuscì con pochi spiccioli perché il Partito alle donne aveva riservato soltanto quelli.
Quando diventò ministra della Salute ebbi l’occasione di andarla a trovare nella sua casa di Castelfranco Veneto. Non ero più della DC, ma con Tina il legame affettivo non si era spezzato. Mi raccontò che si erano presentati a Roma due industriali farmaceutici che le avevano chiesto di brevettare dei farmaci velocemente o giù di lì, pronti a essere generosi con lei. In lingua veneta mi disse che era andata su tutte le furie e aveva gridato: “fora, fora…..” .
Altri tempi.



giovedì 28 luglio 2011

ANCHE L'TALIA ORA HA IL PROBLEMA DELLE SECONDE GENERAZIONI DI STRANIERI

Cosa facevano gli insegnanti dopo la seconda guerra mondiale quando le differenze per censo erano evidenti ed abissali? Orientavano in modo diverso , inconsapevolmente, i ragazzi e le ragazze per il proseguimento degli studi, che a quei tempi includeva subito il dopo scuola elementare. L’essere femmina, unitamente alla scarsità di mezzi economici della famiglia, portava gli insegnanti a favorire l’iscrizione all’avviamento professionale industriale o commerciale al posto delle medie. Più o meno significava avere preclusa la possibilità di scegliere, eventualmente, qualsiasi scuola superiore.Tanto per le bambine il destino era segnato: trovare a suo tempo un marito che le mantenesse. Genitori e insegnanti si trovavano amorevolmente d’accordo.
NEODEMOS, interessante giornale online di ricercatori e docenti , ha segnalato che qualcosa del genere attualmente accade, ma per gli stranieri , o meglio per le seconde generazioni.
Rita Fornari e Stefano Molina ( Università della Sapienza Roma, Fondazione Giuovanni Agnelli) hanno pubblicato un articolo ( 6/10/2010) su’ I FIGLI DELL’IMMIGRAZIONE SUI BANCHI DI SCUOLA: UNA PREVISIONE E TRE CONGETTURE.
Le nascite in Italia da genitori stranieri hanno subito un’accelerazione in seguito alla Bossi-Fini del 2002/03 che comportò la stabilizzazione legale, lavorativa, abitativa,ecc.. Così ,con l’anno scolastico appena terminato si sono affacciati alla soglia della scuola i figli di quel baby boom.
Che cosa accadrà nei prossimi anni? Tanto per cominciare un dato di attualità : il ritardo e l’insuccesso per i giovani studenti stranieri alle superiori oltrepassa il 70% a fronte di una percentuale infinitamente inferiori dei nativi. I due studiosi scrivono che di questo di si parla poco. Vero. Come si parla poco degli insegnanti, i quali saranno chiamati a “ ricalibrare l’elasticità del metro di valutazione, così come ripensare la funzione di orientamento , oggi volta ad incanalare i giovani stranieri verso gli indirizzi professionalizzanti (rispetto a uno studente italiano, al termine delle medie uno straniero ha il doppio di probalità di finire in un istituto professionale. “. Più chiaro di così!
Ma c’è un’altra considerazione: man mano che i giovani di seconda generazione cresceranno, diventeranno “sempre più evidenti e potenzialmente pericolose le frizioni tra l’enfasi della cittadinanza (in senso pedagogico) – sempre più diffusa nelle scuole- e le difficoltà di rispondere alla crescente domanda di cittadinanza italiana (in senso giuridico).”.
Direi che per certi versi qualcosa già indica situazioni emblematiche . Come si evince leggendo l’indagine 2010 dell’Osservatorio Regionale per l’integrazione e la Multietnicità (Orim) della Lombardia. L’analisi si limita a sei gruppi nazionali e alla fascia di età compresa tra i 15 e 25 anni.
I cinesi frequentano (69%) dei connazionali, gli indiani un po’ meno (48%). Per gli altri si oscilla tra il 37 per cento dei rumeni e il 22 degli egiziani. Gli albanesi hanno una frequentazione equilibrata tra italiani e stranieri ( 51%). Seguono i latino-americani (48%). Un quinto degli egiziani si sente italiano, contro il 2 % dei cinesi.
Nel blog NUOVI ITALIANI il 17 giu.011 è uscita un breve intervista con alcuni giovani stranieri sul sentirsi ,o meno, italiani. C’è chi si sente totalmente della nazionalità dei genitori, c’è chi si sente al 100% italiano, chi si definisce un mix, chi lamenta una crisi di identità . Alessandra Coppola, che scrive di avere effettuato un piccolo viaggio nell’identità dei ragazzi di seconda generazione, riporta in conclusione il parere di Hafsa Ratib ,italiana di origini marocchine: “il giovane spesso non aiutato, anziché valorizzare la sua doppia identità si sente costretto a scegliere se essere italiano o arabo, una contrapposizione inutile. Un conflitto interno che tanti giovani vivono e che se non gestito può portare a problemi adolescenziali e all’esclusione sociale.”. Come darle torto?

domenica 24 luglio 2011

IL NOSTRANO TERZOMONDISMO E LO SCRITTORE NESI

“Allora,te icchè tu dici, Nesi? Di chi è la colpa ? Come la va a finire? Che si fallisce tutti davvero?” . Nesi è lo scrittore ex imprenditore di Prato che ha vinto il premio Strega 2011 con STORIA DELLA MIA GENTE ed. Bompiani. Nesi fa parte di una gloriosa famiglia dell’ex polo del tessile pratese. Nesi ha venduto la fabbrica della sua famiglia non per fare esclusivamente lo scrittore, ma perché il tessile pratese è andato tutto in crisi con la globalizzazione. Il libro racconta la sua storia e quella degli altri della città e della zona pratese dove la tradizionale amministrazione di centro sinistra ha ceduto il passo a un’amministrazione leghista alle ultime elezioni.
La racconta a grosso modo così: con la “loro maledetta globalizzazione senza regole, i soldi che oggi risparmiamo comprando i prodotti cinesi sono gli stessi soldi che servivano a pagare gli stipendi degli operai italiani, i mutui delle loro case e le loro pensioni, i loro ricoveri in ospedale, le scuole dei loro figli, le loro macchine e i loro vestiti. La loro vita,la nostra vita.”.
E’ chiaro? Se la prende con gli scienziati dell’economia e con i politici, di destra e di sinistra. Un libro che corre sull’onda dell’antipolitica :”Cosa pensavano, invece, i nostri politici quando firmavano quei fogli per conto nostro e svendevano la nostra industria manifatturiera? Davvero credevano che si potesse trovare il modo di rivaleggiare con chi produce i nostri stessi articoli a una frazione del nostro costo? Quali nuovi prodotti avremmo dovuto inventare per non farceli subito copiare dai cinesi?”.
Ma è nel capitolo “L’incubo” che in modo romanzato e persino poetico Nesi descrive la psicologia di un tipo rappresentativo di tanti . Uno stato d’animo che è pian piano montato e si è diffuso, al Nord e non solo e ha fatto la fortuna della Lega di Bossi.
Racconta la storia di un magazziniere che a poco meno di tre anni dalla pensione viene messo in mobilità dalla ditta che sta per chiudere. Si chiama Fabio e i primi tempi riesce a passarli abbastanza bene, ma poi, giorno dopo giorno entra in una tragica situazione depressiva: “Sempre più spesso gli capita di non riuscire a prendere sonno, la notte, e rimane sveglio per ore a guardare il soffitto mentre la moglie gli dorme serena accanto e la sua mente viaggia e finisce per perdersi seguendo pensieri strani. (…) Ogni giorno diventa più difficile, più lungo. Fabio comincia a vergognarsi di essere senza lavoro, e non riesce a stare in casa.”.
Arriva l’ansia ,lo scattare per un nonnulla, l’urlare in casa quando prima non lo faceva mai. Le giornate inutili sono lunghe e tediose. Gira per la città con la sua Grande Punto quasi nuova “comprata stupidamente solo due anni prima, quando essere licenziato gli sembra un’impossibilità. Le rate paiono non finire mai. “.
Poi arriva una mattina che deve fare la benzina ma i cinque euro troppo spiegazzati che teneva in tasca non ne vogliono sapere di farsi mangiare per dargli due litri poco più.
E’ in quel frangente che dietro lui un ragazzo cinese aspetta pazientemente il suo turno, ma Fabio si innervosisce perchè detesta aspettare,ma anche far aspettare.
E’ un ragazzo che ha l’età delle sue figlie e che tiene il portafoglio in mano. Fabio sbircia e finisce per vedere banconote da cento euro, tutte pulite, e poi una da duecento e una da cinquecento.
A questo punto si vergogna di avere solo quella misera di cinque da infilare nella macchinetta. Riprova e riprova, fino a quando i cinque euro gli sfuggano di mano e cadono. Fabio si china, si tiene in equilibrio, si piega e si inclina fino a terra per afferrare la banconota toccando involontariamente “la pelle liscia e lucida delle scarpe del ragazzo cinese – e in quel momento gli sembra d’essersi inginocchiato davanti a lui.”. Si vergogna, pensa che se non fosse stato licenziato non si sarebbe sentito così. Pensa :”sono i cinesi che mi hanno rubato il lavoro.”.
Non è vero, scrive Nesi, quel ragazzo è uno studente, va all’università e parla italiano. Neppure il padre del ragazzo gli ha rubato il lavoro . Il padre è uno che fa un lavoro dai ritmi superumani che non conosce sosta e che si può definire indegno di una vita vera. Forse gli hanno rubato il lavoro i cinesi che stanno in Cina perché ora le merci si spostano senza regole dove costa di meno. Poi è una èscalation: un movimento del ragazzo gli pesta la mano, il mignolo, e Fabio urla per il dolore tanti “Vaffanculo e spinge il ragazzo che non se l’aspettava e scivola e cade. Monta la rabbia e montano le parole offensive che fanno sentire però Fabio libero: “Libero d’essere chi è davvero: non il licenziato, non il disperato, non l’omuncolo che vaga in macchina per la città con l’aria condizionata accesa al massimo. Si sente l’uomo che credeva di riuscire a diventare a vent’anni.”.
Zhu, il ragazzo cinese, non capisce. Ha imparato fin da bambino che si devono evitare le scaramucce con gli italiani, che si deve far finta di non vedere le scritte sui muri CINESI TUTTI APPESI.
Poi arriva qualcuno in macchina che scende e va verso Zhu e gli sferra un colpo urlandogli: “ Brutto bastardo cinese di merda, ti piace picchiare i vecchi, eh?”.
Arriva un furgone di cinesi che vedono la scena e urlando scendono e si gettano sul tizio, ecc. ecc..
Nesi scrive in chiusura del capitolo: “Eccolo, l’incubo. Prosegue con i cortei e le ronde e i vetri spaccati e i bastoni e le catene e i coltelli, e le case date al fuoco e l’odio. E la pazzia. Non è la mia città, voglio dirlo ancora. Ma è questo l’incubo.”.
Un capitolo, un libro, che vale , anche di più, di un trattato di sociologia politica.
E che può essere utile per mettere, forse, un po’ in crisi, il TERZOMONDISMO di casa nostra con le sue inclinazioni a letture interpretative superficiali della crisi unitamente al fenomeno immigratorio. Il terzomondismo che resta ancora nelle pieghe della mentalità cattolica e di una certa residuale sinistra radicale o meno, è da intendersi come: 1. Nei riguardi degli immigrati ci si deve sentire sempre in colpa a causa del passato occidentale colonialista, del neo colonialismo ,dei privilegi da ricchi(che stanno sfumando),ecc. , 2. Gli immigrati sono “i poveri” di casa (Italia) sempre più ,comunque, da considerarsi poveri dei Fabio licenziati e se depressi, cavoli loro, 3.gli immigrati devono essere assistiti come degli eterni infanti e se perdono la casa devono essere assistiti con un di più rispetto agli italiani che pure la stanno perdendo,4. meritano il “rispetto” delle loro culture anche quando queste culture, tra l’altro, penalizzano soprattutto le donne . Eccetera.
Il terzomondismo nelle istituzioni –scuola, consultori, sindacati, istituzioni di volontariato …- lo si evince dal non sapersi e volersi far caso, per esempio, delle seconde generazioni. E’ di ieri, 23 luglio, la notizia che a Bologna una giovane pakistana ha tentato il suicidio perché non vuole sposare l’uomo alla quale i parenti l’hanno destinata . Quante ragazze seconda generazione continuano a vivere (in solitudine) questa e altre imposizioni ? Anche perché al massimo si generalizza, ovvero si evitano letture di genere applicate alle culture altre applicando piuttosto, la tendenza a “psicologizzare” individualmente i problemi.




lunedì 4 luglio 2011

L'ESALTAZIONE ACRITICA DEI MEDIATORI CULTURALI

I mediatori culturali sono di solito oggetto di grande venerazione e rispetto nelle istituzioni che si occupano di stranieri. Se non di vera e pura acritica esaltazione.
Per mediatore culturale s’intende un individuo straniero o di origine tale che, conoscendo bene la lingua italiana , può fare da ponte tra un operatore e una persona proveniente da altri mondi culturali ,ovvero altre nazionalità.
Sembra che l’universo delle svariate istituzioni , dalla scuola ai consultori ecc., sia propenso ad affidarsi alle figure dei mediatori culturali come se ancora ci si trovasse agli inizi del novecento, quando si credeva nella neutralità dell’osservatore.
In altri termini, un esploratore, un antropologo, uno strizza cervelli, un etnologo ,un sociologo o un giornalista, si riteneva ,sempre, assolutamente obiettivo e neutrale.
Ma poi è stata l’epoca, irreversibile, della crisi del concetto di obiettività perché l’io dell’osservatore è sempre inquinato dal proprio mondo valorico costruito saldamente sulle appartenenze: di genere, religiose, di status sociale , di tradizioni ecc.. Insomma, la propria identità, sia conscia che inconscia, determina lo sguardo e, dunque, la selezione percettiva e le conseguenze in termini di giudizi sia espliciti che impliciti. Un esempio, se (come talvolta è accaduto) una mediatrice culturale ritiene le mutilazioni genitali femminili una tradizione da rispettare, quale “mediazione” effettuerà con la traduzione linguistica? Se un mediatore è un convinto musulmano tradizionalista, come tradurrà il bisogno di emancipazione di una ragazza dalla sua famiglia ?
In questi giorni a Padova un marocchino di nome Zrhaida Hammadl, carpentiere di 38 anni, ha sgozzato la moglie che, a suo dire, gli aveva mancato di rispetto e perché avrebbe frequentato un altro uomo. Soprattutto, forse, perché aveva assunto uno stile di vita occidentale.
Maher Selmi, mediatore culturale e portavoce dell’associazione Rahma che a Padova gestisce la moschea di via Selmi, ha precisato che la lapidazione è prevista dal Corano, ovviamente secondo dei criteri precisi per applicarla.
Non importa che in Italia , anche se non centinaia di anni fa, è stata abolita dalla legge la “correzione” maritale a suon di botte per le mogli indisciplinate. La legge coranica è ciò che vale per un musulmano ovunque si trovi.
Maher Selmi è un mediatore culturale!

giovedì 23 giugno 2011

LA LAICITA' DELLO STATO E LA SINISTRA

ITALIALAICA ha pubblicato un articolo che meriterebbe ampia diffusione anche cartacea. Il titolo: “ LA SINISTRA FRANCESE ABBANDONERA’ LA LAICITA’ PER L’ISLAM? (18.6.011).Segue immediata la risposta : positiva. Dove il voto dei musulmani comincia a diventare numericamente importante, è partito l’invito al Partito Socialista di evitare di considerare come centrale la questione operaia e il conseguente bacino elettorale. Si sostiene che operai e popolo “si stanno chiudendo nei confronti degli immigrati e i loro valori sono nettamente più di destra”.
Basta ascoltare RADIO PADANIA per rendersi conto che vale anche per l’Italia; soprattutto per quella parte del Paese dove la Lega di Bossi ha un significativo successo. Le telefonate che raggiungono la Radio sono di persone di ambo i sessi, giovani e anziani sempre arrabbiati con gli immigrati ,soprattutto con i musulmani ritenuti pericolosi per la stabilità della propria identità collettiva. Il continuo richiamo alle radici cristiane svela il profondo ,inconscio ,timore di destabilizzarsi rispetto ai propri antichi profili valoriali comunitari. Non è la fede, la religione dei preti che interessa alla gente delle regioni leghiste del Nord, tanto è vero che il cardinale Tettamanzi, chiamato l’imam cattolico, è sempre dileggiato. Comunque, pare che in Francia per attirare questo bacino elettorale i socialisti abbiano iniziato ad avere un atteggiamento favorevole sull’Islam e, come osserva il sociologo Claude Dargent, “il voto non sarà su un’ adesione ai valori liberali della sinistra per quanto riguarda diritti delle donne “ . Ma anche per quanto riguarda un atteggiamento più favorevole da parte della sinistra verso il praticante musulmano, in quanto più incline a organizzarsi per fare pressione sullo Stato e ottenere dei vantaggi e dei riconoscimenti .
Per contrastare l’eccesso di anti-islamismo delle Destre le Sinistre francesi ora sono propense a dare sempre una visione positiva dell’Islam, in contrasto con la tradizionale ostilità nei riguardi del cristianesimo. Qualcosa del genere è all’opera in verità e da tempo anche in Italia, dove convivono critiche anche feroci nei riguardi della Chiesa e grande simpatia per i musulmani e le loro organizzazioni; glissando volentieri su aspetti che magari riguardano le donne spesso soffocate dal bisogno ;tutto dentro il processo migratorio segnato dal neo-tradizionalismo.
In definitiva, osserva Alted, la sinistra francese sembra avviarsi verso l’abbandono del principio di laicità perché prende anche atto “della forte religiosità dei giovani musulmani e comunque della loro scarsa adesione considerata come obsoleta.”. E in Italia? Dove la Laicità è sempre in bilico?


mercoledì 22 giugno 2011

UN COMITATO CITTADINO CONTRO IL DEGRADO AMBIENTALE DI BRESCIA

Martedì 21 giugno, primo giorno dell’estate 2011, a Ballarò il ministro Sacconi ha dichiarato che il suo Governo intende attuare le riforme promesse, a cominciare dal rilancio della….cementificazione. Costruire,costruire sempre e a oltranza per , ha spiegato, dare anche occupazione. Si vede che gli piace tanto il suo Veneto secondo a nessun altro territorio quanto a consumo di suolo. Purtroppo la sen. Finocchiaro non è balzata, come avrebbe dovuto, sulla sedia. Ma anche lei appartiene a una regione che di cementificazione selvaggia s’intende assai e a un partito che fatica a trovare capacità di riflessione sulle problematiche ambientaliste. Per fortuna, qualcosa si muove in questa Italia dolorosamente alle prese con una crescita pari allo zero e dedita da tempo allo scempio delle sue bellezze artistiche e naturali.
Per esempio, a Brescia è nato “Il Comitato spontaneo contro le nocività” che ha inviato al ciellino sindaco on. Adriano Paroli una lettera aperta. Bisogna pur considerarla questa iniziativa che nasce nella terza città europea per inquinamento! Brescia “è la prima città della Lombardia per aree verdi cementificate negli ultimi anni e prima in Italia per i decessi causati da tumore .”.
Ma il primo cittadino (cattolico in una città super cattolica) pare abbia come priorità la costruzione nel Parco delle Cave della cittadella dello sport “di un secondo palazzetto, dello stadio, di decine di migliaia di metri quadrati di nuovo edificato, di parcheggi e di edifici destinati al terziario…”.
Il Comitato chiede una spiegazione : come può “una colata di cemento e un aumento esponenziale del traffico veicolare “ in un territorio già devastato da cave, discariche autorizzate e abusive, siti radioattivi, strade a grande scorrimento , acciaierie e impianti di smaltimento di rifiuti tossici e pericolosi, salvare il territorio da un indecente , inesorabile ,degrado?
I progetti della giunta di centrodestra, con un vice sindaco leghista, prevede per il quartiere Buffalora un polo logistico, un nuovo bitumificio , un impianto di smaltimento rifiuti e la distruzione di un oasi naturale ( delibera n.31/2009). Un bel programma per chi deve trarre dei profitti , ma, mi spieghi il vice sindaco, perfettamente in sintonia con le radici cristiane e l’identità padana?
E come mai la Curia bresciana, certamente sempre molto aderente al pensiero del Papa in materia di “difesa della vita nascente” , della coppia “naturale” ecc., non s’indigna (pubblicamente) contro questa situazione di confermato degrado e inquinamento dell’aria, del suolo, dell’acqua….?

sabato 18 giugno 2011

A BRESCIA PROIBITO ANDARE IN BICICLETTA


I bresciani hanno cominciato a riscoprire la bicicletta, ma la giunta di Centrodestra è corsa ai ripari.
Brescia è la terza città italiana per inquinamento atmosferico. Il suo centro storico, assai interessante per la storia dell’arte, cade in rovina e …in disuso mentre è attraversato continuamente dalle auto e dal loro parcheggio nelle vie. La pedonalizzazione invece langue, limitata a una strada o due. Mentre il giovane sindaco Renzi di Firenze annuncia di voler pedonalizzare gran parte del centro per renderlo vivibile anche ai bambini e agli anziani, nonché ai turisti, Brescia cerca di impedire l’evoluzione spontanea verso l’uso della bicicletta . Un’ordinanza vieta di appoggiarle ai muri i, ma le rastrelliere sono assai rare. Basta mettere piede a Ferrara o in Romagna per constatare come ogni supermercato, o negozio, o altra pubblica struttura, offra sempre le rastrelliere per parcheggiare le biciclette che sono ancora un mezzo di trasporto molto amato. E , sempre in Romagna e in Emilia, la pedonalizzazione dei centri storici è da tempo una realtà apprezzata. Ora a Brescia è scoppiata la protesta per l’ordinanza anti-bici. Vedremo.
p.s.biciclette a CERVIA

mercoledì 15 giugno 2011

POCHE DONNE NELLA NUOVA GIUNTA DI NAPOLI

La resistenza al cambiamento si è mostrata da subito. Una resistenza inutile e dannosa, che non ci sorprende. I partiti per quanto lontani dal potere, non possono per incanto aver perso il vizio della spartizione, ed abbiamo visto il solito protocollo degli impegni presi ad alta voce e disattesi nel compiere i primi gesti di governo.
Non tutta la responsabilità pesa su di loro, sui partiti, il cambiamento non può partire da loro: ne sono strutturalmente incapaci. Ma una parte, quella che li riguarda, continuano a trascurarla colpevolmente, fingendo di essere amministrativamente diversi a Napoli da quello che sono politicamente a Roma. Poche facce nuove vediamo e pochi metodi nuovi, soprattutto poche donne.
Va fatta una legge elettorale, perché oggi abbiamo ancora quella della delle nomine. Va fatta, conseguentemente anche una legge per le amministrazioni.
Questo è compito del Parlamento, nel quale sono presenti gli stessi partiti che si impongono nelle amministrazioni locali.
L’Unione Donne Italiane di Napoli ha stilato un comunicato (dal quale ho tratto il passaggio) sulla formazione della Giunta del neo sindaco dell’Italia dei Valori: il vice sindaco è un uomo, in giunta solo 4 donne!
La resistenza al cambiamento….Sì, però.
A MILANO il sindaco Pisapia ,mantenendo peraltro un impegno assunto in campagna elettorale, ha nominato una vice sindaco donna e metà assessori. Non sono stati da meno i i neo sindaci di TRIESTA,BOLOGNA, TORINO .Il cambiamento è iniziato, si può fare. Perché a NAPOLI no?
Eppure sappiamo quante donne, non soltanto dell’UDI hanno dimostrato capacità di denuncia, mobilitazione e infinite competenze.
In Italia circola, dal Nord al Sud un modo di dire e pensare che ha assunto la validità di uno stereotipo: certo ci vogliono anche le donne nelle amministrazioni, in Parlamento … purchè siano valide!. La stessa perentoria affermazione non si fa certo per gli uomini. L’essere maschio abilita comunque ad assumere ruoli di potere.
Ci vogliamo fare una riflessione?

sabato 11 giugno 2011

RICORDANDO UNA BELLA AMICIZIA CON ROSETTA JERVOLINO

“Lavorerò con la Fondazione ‘Nilde Jotti’ . E tornerò a fare l’avvocato. Ho detto alla Cgil che posso aiutare gli immigrati. Gratis, ovviamente.”. L’ultima domanda: “Non tornerà in Parlamento? Non credo che ai ‘rottamatori’ interessi una bacucca di 74 anni come me! Tocca ai vari Renzi, ora. Vediamo cosa saranno capaci di fare.”.
Il titolo dell’intervista di Emiliano Fittipaldi a Rosa Russo Jervolino (l’ESPRESSO, 16 giu.011) è eloquente: “Sommersa dalla monnezza e lasciata sola dal Pd”. Lasciata sola dal Pd forse anche perché da reggente del Partito popolare di Napoli cacciò molti inquisiti, ma ne ritrovò la metà nel Partito Democratico? O forse anche perché quando le arrestarono quattro assessori della sua Giunta, offrì le sue dimissioni sentendosi rispondere che doveva restare, ma cinque minuti dopo “Matteo Renzi comincò a sputare insolenze da Firenze, Anna Finocchiaro lo seguì a ruota. Nessuno dei leader aprì bocca per spiegare che restare era stata una decisione del partito.”.
Rosa jervolino è ritornata nella sua casa di Roma .
Era il 1968. Rientravo nel primo pomeriggio dall’ufficio dell’EUR del Movimento Femminile DC e un po’ più tardi, dopo aver mangiato qualcosa, con la ‘500 Fiat rossa spesso volavo a casa di Rosetta che a sua volta era rientrata dal lavoro. Caricavamo in auto il figlio piccolo e andavamo a passeggiare in qualche parco romano. Chiacchieravamo di politica, mi raccontava della commissione sulla riforma del diritto di famiglia, che, se non ricordo male, era presenziata da Carlo Moro, fratello di Aldo. Si parlava della riorganizzazione del Centro Italiano femminile (CIF) che era l’associazione cattolica parallela all’UDI perché Rosetta mi aveva voluto nella commissione a questo deputata. Facevamo parte entrambe della redazione della trimestrale rivista di ricerca DONNA E SOCIETA’ insieme a Tina Anselmi, Lidia Menapace,Paola Gaiotti e altre. La dirigeva Franca Falcucci, autoritaria delegata nazionale del M.F. insegnante di filosofia e più tardi senatrice e anche ministra della Pubblica Istruzione.
Nel 1969 sulla costa amalfitana si svolse il convegno nazionale rinnovo cariche del M.F.. In Hotel io e Rosetta eravamo in camera insieme , ma ci trovammo su liste opposte per la candidatura al Comitato Nazionale. Ero già in crisi grazie anche al vento del ’68 e alla ricca fase post conciliare. Lidia Menapace aveva già rotto con la DC e ufficialmente aveva aderito al gruppo dei fuoriusciti dal Pci Rossana Rossanda, Luigi Pintor, Luciana Castellina, Lucio Magri e Valentino Parlato. Le liste erano due: una con a capo la Falcucci e l’altra con Tina Anselmi. Io stavo con Tina che era della corrente di Moro, ma appartenevo a quella sindacalista di Carlo Donat Cattin.
Ho sempre pensato che Rosetta avrebbe dovuto stare con me e con Tina, ma che per lei aveva funzionato il richiamo emotivo alla grande madre Maria , una delle fondatrici del Movimento Femminile dopo la guerra e anche “madre spirituale” della Falcucci.
Rosetta , quando si discuteva della riforma del diritto di Famiglia e, dunque, della abolizione delle norme non egualitarie sull’adulterio e sulle attenuanti per il delitto d’onore, era più che aperta, più che avanzata.
Poi uscii dalla DC e mi iscrissi al Manifesto e la nostra amicizia si interruppe perché già avevo lasciato Roma per ritornare all’insegnamento in Veneto.
Fu nell’estate del 1975 che rividi Rosetta a Roma, nella sua casa. Rossana Rossanda mi aveva chiesto di sostituire Rina Gagliardi in ferie al quotidiano. Telefonai a Rosetta che mi invitò a cena. Mi ritrovai a tavola, come una volta, con suo marito Enzo e lei. Passarono poi tanti anni e Rosetta venne a Brescia con l’autorevolezza del ministro dell’Interno, a sostenere la campagna elettorale del sindaco uscente Paolo Corsini del Centro Sinistra. La DC non c’era più e in qualche modo ,sebbene non fossi iscritta ad alcun partito, ci ritrovammo politicamente, di nuovo, vicine.


martedì 7 giugno 2011

UN NO ALLE CELEBRAZIONI DEI PRIMI CENTO ANNI DI MILANO MARITTIMA

Marco Aime, docente di Antropologia culturale nell’Università di Genova, ha scritto un’interessante introduzione al volumetto di Serge Latouche e Didier Harpagès (IL TEMPO DELLA DECRESCITA, ed.elèuthera, 2010) sviluppando il concetto di “Sviluppo e crescita”. Sviluppo e crescita: parole che ci hanno sempre accompagnato sia pure declinate secondo varie tonalità politiche. Aime ci dice che lo sviluppo è costituito da un insieme di pratiche volte ad assicurare la riproduzione sociale, costringendo “a trasformare e a distruggere, in modo generalizzato, l’ambiente naturale e i rapporti sociali in vista di una produzione crescente di merci (beni e servizi) destinate, attraverso lo scambio, alla domanda solvibile. Lo sviluppo, come lo concepiamo noi, non è altro che l’espansione planetaria del sistema di mercato.”.
Il termine sviluppo appartiene al mondo della natura: metafora di un processo naturale che noi applichiamo ai fenomeni sociali. Ma nella natura un organismo naturale si sviluppa fino a un apice e poi inizia a declinare. Nel sociale invece si è inteso e s’intende che lo sviluppo non finisce mai.
Prendiamo MILANO MARITTIMA di Cervia (Ra). Ora, una celebre località dell’Adriatico Romagnolo seminata di hotel a quattro e cinque stelle, di ville e condomini, di parcheggi e negozi (in crisi) , con ciuffi di pini qua e là. Una volta, fino agli inizi del novecento, in quel sito c’era una pineta di dune sabbiose assai estesa. Fra il 1907 e il 1912 l’Amministrazione comunale di Cervia cede alla “Società Anonima Milano Marittima s.a. “ il territorio pinetale per costruire dei “villini” e lanciare il turismo di spiaggia. E’ l’inizio della fine in nome dello sviluppo e del progresso. Quest’anno la città romagnola celebra i fasti centenari di quella distruzione ambientale perseguita con tenacia dalle amministrazioni di Sinistra fino ad oggi.
I cittadini di una certa età ricordano che ancora all’inizio degli anni sessanta, in qualche inverno nevoso, si poteva arraffare semplicemente un “piatto” di metallo della pubblicità della Coca Cola e andare sulle dune di sabbia di Milano Marittina per scivolare giù facendo un po’ lo slalom tra i pini.
E’ proprio in nome dello sviluppo e di una visione antropocentrica così profondamente innestata nella cultura europea “fondata” sul cristianesimo, che via, via, soprattutto nell’Italia Cattolica, si è andati distruggendo ogni habitat naturale da Nord a Sud.
E allora: invece di celebrare la festa dell’anniversario centenario di MILANO MARITTIMA, ricordiamo con pena il lungo funerale della morte della pineta.

lunedì 30 maggio 2011

LO SCEMPIO DEL BEL PAESE:CASE A RISCHIO FRANE SUL LAGO DI GARDA


Gli “oneri di urbanizzazione” toccano ai costruttori e così un comune si ritrova strade, fogne ecc. E così gli immobiliaristi hanno fatto man bassa di terreni agricoli o zone boschive, o alvei di fiumi. Nonostante la crisi continuano a cercare terreni edificabili. Nelle case dei bresciani è stato recapitato un dèpliant sul quale si legge,tra l’altro: “Terreni agricoli e boschivi in Gussago, Franciacorta, lago d’Iseo. Pagamento in contanti” a scopo edificabile. Pagamento in contanti? Non capita spesso di leggere che Ndrangheta, Mafia, Camorra e sigle simili riciclano denaro sporco al Nord proprio con costruzioni nuove, ovunque e comunque?
Intanto cominciano a verificarsi le conseguenze delle frettolose autorizzazioni da parte dei comuni che, pur di ragranellare denaro, non sono certo andati per il sottile sulle indagini geologiche dei terreni.
Un contributo delle amministrazioni politiche dell’ ex Bel Paese allo sfascio del territorio e delle culture locali (con buona pace della Lega di Bossi ) anche al Nord.
Nei declivi della Valtenesi, nelle ex stupende zone delle colline moreniche intorno al lago di Garda, care agli antenati romani, il consumo di suolo ha contribuito alla scomparsa degli uliveti e della cultura delle vite. Ora lo scempio immondo comincia regalare rischi di frane d’interi rèsidence.
Amen

domenica 15 maggio 2011

LE IDENTITA' NAZIONALI LE CULTURE E LE DONNE

La cucina multiculturale non ha controindicazioni ma dato che fa parte della sfera privata della gente, cioè è roba da donne, non entra facilmente nei progetti d’inclusione dei migranti. Per il resto il multiculturalismo vive e vegeta nell’esercizio di buona volontà che caratterizza da sempre la “carità” all’italiana di matrice cattolica o della sinistra terzomondista, senza approfondimenti e dibattiti degni di qualche nota. Intanto Davide Cameron ha denunciato il fallimento del multiculturalismo anglosassone che si è realizzato con grande visibilità con i tribunali islamici per giudicare soprattutto in ambito di diritto di famiglia. La filosofa Michela Marzano, che abita e insegna in Francia, s’interroga su multiculturalismo e identità nazionale partendo dal fatto che siamo ormai al primo mese di applicazione della legge francese per il divieto del velo integrale negli spazi pubblici. Forse un divieto eccessivo e che ha piuttosto il sapore del neo bisogno d’identità nazionale che attraversa i Paesi europei a fronte (anche), di una globalizzazione che ha frantumato e dissipato antichi patrimoni culturali con i flussi di merci, informazioni e persone. Generando ovunque insicurezza, paura e chiusura nelle “comunità del rancore “ (Bonomi).
La filosofa è convinta che “ Ogni paese ha certamente un proprio patrimonio culturale specifico. Che va di pari passo con la storia della proprio unità, con le contraddizioni e le difficoltà che si sono di volta in volta incontrate per imparare a vivere insieme. Cultura usi e costumi fanno parte delle nostre radici e ci permettono di sapere da dove veniamo e dove vogliamo andare. Indipendentemente da paesi in cui troviamo, la nostra lingua, le nostre credenze religiose e nostri valori contribuiscono a farci sapere chi siamo. Al tempo stesso, però, l’identità non è mai monolitica.”. (IL VALORE DELLA LAICITA’, la Repubblica, 15 .5011.)
Se l’identità non è mai monolitica perché ogni cultura è sottoposta a ibridazioni continue, ci si può e deve interrogare su quello che accade quando le differenze culturali sono costrette a interfacciarsi sullo stesso spazio vitale.
Lo scorso ottobre una ragazza pachistana di 19 anni rischiò di morire sotto i colpi del padre e del fratello e vide la madre, corsa in sua difesa, morire. Ormai uno dei tanti casi che si moltiplicano anche in Italia dove le cosiddette seconde generazioni, nate o arrivate con i genitori in età infantile, soprattutto le ragazze, rifiuta alcuni aspetti dei costumi familiari. Nosheen non voleva sposare un cugino che vive in Pakistan, ma la ribellione non è stata tollerata dagli uomini di casa. Ora la ragazza, prima operata e salvata addirittura dal coma e poi ospitata in una comunità, complici anche i furiosi tagli governativi allo stato sociale, deve essere collocata altrove. Ma le assistenti sociali modenesi hanno incontrato categorici rifiuti da parte delle famiglie pachistane. La comunità pachistana la respinge in nome della cultura d’origine che conferisce ai maschi un’autorità indiscutibile sulla vita e la libertà; soprattutto delle femmine. Nessuna famiglia può permettersi di dare un’immagine di sé diversa. Ma questo è quanto accade anche nei nostri paesi, sia pure in misura meno violenta del passato. La subcultura intrisa di cattolicesimo è ancora molto severa con chi si sottrae ai modelli tradizionali. Lo sanno le giovani donne che quando si sposano o vanno a convivere, sentono a volte un enorme disagio se intendono contravvenire al costume che vuole le compagne o le mogli dedite alla cura della casa, in equilibrio precario e faticoso con la professione: perché sanno di diventare oggetto di giudizi negativi. La Marzano scrive che la conoscenza di altre culture ci arricchisce e ci permette di mettere in crisi le nostre certezze. Ma può anche darsi che certe differenze siano oggetto di sottile strumentalizzazione per dimostrare che da noi l’evoluzione emancipatoria delle donne è la causa, per esempio, di tante crisi coniugali. Oppure, che lo accogliere le differenze come vuole la scelta multiculturalista includendo, tra l’altro, la poligamia, potrebbe portare ad applicare le leggi in modo diseguale come avviene in Gran Bretania con i tribunali della sharia.
L’Imam di Segrate qualche giorno prima del voto amministrativo del 15/16 maggio, ha chiesto ai musulmani cittadini italiani, di non votare il centro-sinistra perché c’è ufficialmente dei candidati omossessuali. La reazione di Vendola e dei suoi è stata chiara: l’inciviltà si trova a Destra (Lega Nord e non solo) come in queste prese di posizione religiose degli islamici. Reazioni così si vorrebbero anche quando si tratta delle donne. Invece spesso i politici e i cattolici privilegiano discorsi soft, come si usa a proposito dell’abbigliamento: il velo integrale o meno non è un problema se oggetto di libera scelta. Con buona pace della verità dei condizionamenti sociali e degli autoinganni dell’io. Come evitare di chiudere gli occhi “sul fatto che alcune donne siano costrette a velarsi e certe adolescenti sono maltrattate dai padri solo perché corteggiate a scuola a scuola, come è accaduto recentemente in Italia?”. (Marzano)
Per il momento la tendenza è quella di chiudergli gli occhi: nelle scuole, nei consultori, ovunque nel sociale .






sabato 7 maggio 2011

DONNE A CAPO DI LISTE CIVICHE A FAVORE DELLA DIFESA DEL TERRITORIO CONTRO LA CEMENTIFIUCAZIONE


Patrizia Avanzini, sindaca di Padenghe del Garda, sorride felice di inaugurare un tratto del lungolago in una soleggiata giornata di maggio. Faceva parte del suo programma quando si è candidata con una lista civica che resterà in carica fino al 2014. Accanto a lei Lorella Lavo sindaca di Moniga in scadenza con una lista civica perché il nuovo percorso si congiunge con quello del suo comune. Due donne giovani che , insieme a qualche altro collega ,hanno detto basta al massacro cementificatorio di territorio che ha snaturato per sempre le colline moreniche con i loro uliveti e vigneti digradanti verso il lago.
Le chiedo della chiesetta romanica di S. Emiliano che è a rischio di deturpazione per la ferrea volontà del parroco intenzionato a costruire un ristorante e ampi parcheggi intorno. Curioso questo prete che ha costretto i monaci di Bose a rifiutare la loro richiesta di insediare accanto alla chiesa, nei locale già costruiti, un centro di ricerche religiose, perché (pare) ha chiesto loro un affitto esorbitante. Una modalità collaudata del mercato per allontanare eventuali clienti non graditi. La chiesetta avrebbe perso fascino a causa dei monaci per i matrimoni che ora vi si celebrano?
Chi conosce Bose sa che è un luogo di attrazione per un bisogno autentico di fede o di ricerca dell’interiorità in un mondo poco incline alla riflessione. Non sarebbe stato bello che la chiesa di S.Emiliano potesse diventare oltre che luogo ormai collaudato di matrimoni con il solito corredo di spreco consumistico, luogo di liturgie monastiche?
La sindaca mi spiega che c’è una convenzione con la parrocchia che permette la edificazione di “un punto di ristoro”. Un punto, osservo, potrebbe essere semplicemente un chioschetto! Il Comune si oppone però alla edificazione di parcheggi che distruggerebbero l’ampio contesto naturalistico che circonda, a strapiombo sul Garda, il tempio antico.
La sensibilità degli uomini di Chiesa è sempre così attiva quando si tratta di difendere “la vita non nata” con attacchi concentrici alla legge 194 sull’interruzione di gravidanza, o al testamento di “fine vita” , rigidamente per la cosiddetta “legge di natura” che imporrebbe il modello famiglia formato da un uomo e una donna. La Natura, quella di alberi e animali, di acque di mare e di lago, di montagne , di aria pulita e di spiagge( che con le nuove delibere legislative del governo di Berlusconi diventeranno proprietà privata) non sono mai oggetto di interventi educativi delle nuove generazioni e pubblici da parte della gerarchia della Chiesa . E ora sempre più spesso manca anche l’antica grandezza nel capire e sostenere l’arte.


domenica 1 maggio 2011

NON PIU' LA CHIESA PROFETICA BENSI' LA CHIESA TRIONFANTE

Il matrimonio regale dell’erede al trono d’Inghilterra, e la solenne beatificazione di Papa Giovanni XXIII, si contengono le cronache della fine del mese di aprile dell’anno di grazia 2011. Oggi, primo maggio, un fiume di gente risalta nel sempre bellissimo sole romano tra via della Conciliazione e la piazza del Bernini. Le Tv del mondo registrano immagini di corpi colorati e catturano gli entusiasmi vocali di giovani e meno giovani uomini e donne che hanno anche percorso migliaia di chilometri; per poter raccontare a chi è rimasto in patria, di essere stati presenti alla festa della Chiesa Trionfante.
Il Papa polacco ancora una volta com’è stato in vita: una stella, un leader carismatico, un comunicatore per folle affamate di emozioni.
L’altro ieri altre folle per le strade di Londra, giunte sempre la mattina presto, per non mancare alle nozze da favole del giovane rampollo di casa regnante figlio di Diana la Sfortunata.
La Regina Elisabetta ha saputo accondiscendere alla modernità tramite la nuova nuora plebea, per rilanciare una monarchia un po’ desueta anche dalle sue parti.
La Chiesa di Roma, in crisi di vocazioni sacerdotali e religiose, e di “pratiche” relegate a qualche rito formale: battesimi, cresime, comunioni, matrimoni e funerali, continua a moltiplicare beatificazioni e santificazioni perché ottimi spettacoli di massa; come quelle dei cantautori più rinomati e amati.
La beatificazione veloce del polacco, che ha reso difficile la vita dei cattolici impegnati nella “teologia della liberazione”, che ha contribuito (pare) a tenere occultata la vita molto discutibile del fondatore dei Legionari di Cristo, ecc., è in fondo un rito di (definitiva) per mano di Ratzinger del Concilio Vaticano II.
Alcuni giorni fa mons. Fisichella rettore dell’Università Lateranense, durante la trasmissione di L. Gruber su La7, ha affermato che la Chiesa resta fedele al principio della naturalità dei ruoli sessuali. Agli uomini tocca il compito del sacerdozio, alle donne altre mansioni, come quella di catechiste nelle parrocchie. Amen.
Mons. Fisichella è molto colto e molto autorevole. Fa veramente parte della casta dei sacerdoti. La casta ben descritta nel film di Moretti HABEMUS PAPAM. Quando i cardinali sfilano, all’inizio del film, per entrare in Conclave, tutti vestiti allo stesso modo di rosso fulgente, si ha una forte impressione di come il potere nella Chiesa romana sia ben saldo nelle menti e nei celibi corpi maschili.
Anche Moretti strizzacervelli gioca con il suo di potere: originariamente segnato dal neutro universale. Tanto è vero che il Papa -eletto suo malgrado- interpretato da un grande artista, si fa accompagnare segretamente dalla la moglie –psicoterapeuta (separata) dello strizza. Lui, sentendosi fragile sotto il peso del ruolo papale, non si fida di Moretti-strizza chiamato dai cardinali per aiutarlo? La fragilità umana di un uomo sacerdote può essere detta più facilmente al corpo e alla mente di una donna? Le donne non sono forse ritenute (strumentalmente) fragili “per natura”?
Il neo Papa del film alla fine, acquistando chiarezza dentro di sé - e dunque sicurezza- fa il gran rifiuto affacciandosi in pompa magna dalla loggia delle benedizioni. Il film termina sulla tragica delusione dei “colleghi” tutti viventi l’identificazione proiettiva con il Papa.
Giovanni XXIII si è fatto vedere corpo vecchio segnato dalla malattia, ma ha governato la Chiesa molto “virilmente” e da polacco tradizionalmente poco laico.
La Chiesa “popolo di Dio”dei tempi post conciliari, cioè quella che ancora dava valore ai documenti votati, non era molto favorevole all’uso della beatificazione e santificazione.
Tanto è vero che quando sembrò profilarsi la possibilità di una beatificazione di P. Charles De Foucauld, all’interno delle congregazioni dei Piccoli Fratelli e delle Piccole Sorelle, e negli altri rami della “famiglia”, ci fu un tacito rifiuto. Parve addirittura lontano dallo “spirito” del monaco francese che aveva vissuto in solitudine nel deserto algerino per condividere, da contemplativo, la vita degli “ultimi”. Era il tempo del Piccolo Fratello Carlo Carretto che mai salirà “gli onori degli altari” come il vescovo Romero. Avendo lui preso posizione a favore delle legga per il divorzio e per l’interruzione di gravidanza (194).
Qualche anno fa la sua “famiglia” l’abbiamo invece vista a Roma, per il “trionfo” della beatificazione del fondatore C.De Foucauld. Appunto, non sono più i tempi della Chiesa Profetica.


giovedì 14 aprile 2011

CERVIA, UN COMUNE AVARO SOPRATTUTTO CON LE DONNE


Sono tempi duri per le finanze dei Comuni italiani. I tagli previsti dal Governo costringono a ogni sorta di limitazioni anche nel settore della cultura. E per un comune turistico i tagli alla cultura possono diventare un problema anche in termini di pubblicità. Tuttavia resta difficile comprendere che : un dèpliant, due gigantografie, un operaio o due per l’allestimento, due persone per garantire la presenza nella sala di esposizione della mostra durante i quindici giorni previsti, richiede spese insostenibili per un comune di media grandezza qual è quello di CERVIA (Ravenna).
Le cose sono andate così: c’è una pittrice che si chiama GIOVANNA CARUSO, che ha studiato al Liceo Artistico di RAVENNA perché è di FORLI’. Una trentina di anni fa è partita per l’Asia e non è più tornata. Ha viaggiato in lungo e in largo e poi ha scelto di abitare nella capitale del NEPAL. Ben presto è diventata un punto di riferimento per gli indù che intendevano aggiungere murales sui loro templi. Lo stile della Caruso è sempre stato di tipo fumettistico e la sua fascinazione della cultura locale lo ha fatto diventare una bella e singolare commistione tra occidente e oriente. A CALCUTTA ha esposto in più riprese i suoi lavori e una volta anche in Veneto.
Sembrava quindi ,la proposta di farle esporre i suoi lavori a CERVIA durante l’estate 2011, una bella iniziativa sia per l’assessorato alla Cultura che per l’assessorato alle Pari Opportunità. Era già pronto anche il patrocinio del Liceo Artistico di Ravenna. Ma così va il mondo, soprattutto per le donne.




giovedì 7 aprile 2011

BERLUSCONI PUO' CONTARE SUI DISTINGUO DELLA CHIESA

In una trasmissione televisiva l’ineffabile modenese sen.Giovannardi ex democristiano ora ultra aderente alla tribù berlusconiana, ha dichiarato che lui non accetta il suo capo in quanto come cattolico distingue tra il peccato e il peccatore. Amen. Questa manfrina ce la sentiamo ripetere con ossessività da tutti i cattolici che partecipano al potere garantito dal grande imprenditore; dalla “base” su, su fino ai vertici del governo e del partito. E’ il principio che permette alla CEI di starsene defilata rispetto alla vita del Presidente del Consilgio Berlusconi, evitando eventuali ricatti e ottenendo, semmai, in cambio, ulteriori privilegi o “difesa” per i “valori non negoziabili”.
La formazione catechistica della Chiesa Cattolica per prima comunione e Cresima, continua d’altronde la vecchia impostazione di quando vigeva il catechismo di Pio X.
Più o meno, senza più le domandine e le risposte da imparare a memoria: “Chi è Dio? Dio è l’essere Perfettissimo….ecc., si ricalca l’astrattismo dogmatico di qualche nozione generale, senza alcun riferimento al mondo, allo stare al mondo, alle relazioni , all’essere maschio o femmina e poi all’ambiente e ai soggetti non umani che sono gli animali,ecc.. Il Concilio sembrava aver posizionato la fede nell’ambito dell ‘incarnazione,vale a dire nella storia umana; superando quello che era stata la tendenza prevalente a favorire una mentalità angelicata.
Ma le grandi narrazioni ideologiche con i loro partiti organizzati e radicati nel popolo, correggevano la disincarnazione con un senso alto dei valori e dell’etica.
Ora, la società dei consumi e la fine delle ideologie, lascia privi di “iniezioni” valoriali i nostri bambini/e e ragazzi/e.
Lo si nota proprio rispetto a come viene vissuta la formazione catechistica per la Prima Comunione e la Cresima: una noiosità infinita perché si devono imparare concetti poco adatti alle capacità cognitive di un bambino o di un pre’ adolescente. Una noiosità però alla quale ci si adegua perché alle cerimonie religiose seguono feste lussuose con tanti regali. Feste che assomigliano sempre di più a quelle dei matrimoni. Feste che rinforzano l’io narcisistico di genitori e figli e che servono per confermare le comunità di nicchia o, in altri termini, le comunità del rancore (come sostiene il sociologo Aldo Bonom), sorde e chiuse e in difesa rispetto a una realtà ormai avviata al meticciato.

lunedì 28 marzo 2011

IN VALTENESI (LAGO DI GARDA( FORSE IL CEMENTO SI E' FERMATO



C’è un territorio del lago di Garda che si chiama Valtenesi. E’ costituito dalle colline moreniche che circondano il lago di natura glaciale. Quando i ghiacciai si sono ritirati 15-20.000 anni fa, hanno depositato masse di detriti e, 5.000 anni prima di Cristo, permesso i primi insediamenti umani. Ma sono stati i Romani, nel II e III secolo A.C. a conferire al territorio un assetto organizzativo fatto di aree collinari coltivate a vite e olivo che, più o meno tale è rimasto fino a circa 15-20 anni fa. Un territorio paesaggistico e architettonico di incomparabile e struggente fascino, come ben erano consapevoli gli stranieri che visitavano e soggiornavano in queste zone nei secoli scorsi. Basta ricordare il pittore inglese Turner che nella Valtenesi cercava l’ispirazione per i suoi acquerelli .
La speculazione edilizia in Valtenesi è stata a dir poco scriteriata, come se tutti i comuni avessero trovato un punto in comune -al di là dei diversi schieramenti politici-ne nell’assumere il volto e la ferocia di un Attila contro l’ambiente naturale.
Gabriele Loviesetto, segretario del Comitato per il Parco delle Colline Moreniche ha scritto: “I terreni agricoli, compresi i preziosi terrazzamenti con segnati dagli antichi romani, costellati e impreziositi dagli olivi e da ordinati filari, hanno spesso lasciato il posto a compolessi edilizi stile costa Smeralda o a disarmoniche villette a schiera. Una lunga fetta del patrimonio viticolo e olivicolo della Valtenesi è sparita (…)E’ davvero sorprendente che dallo scenario deprimente descritto tre sindaci –Patrizia Avanzini di Padenghe, Lorella Lavo di Moniga e Paolo Simoni di Manerba- si rendano conto che il territorio libero da insediamenti cementizi rimasto nei loro Comuni costituisce un bene che non può essere ulteriormente dilapidato e così con un lavoro di coinvolgimento e condivisione, al quale questo Comitato non è estraneo, si è passati a porre freni ai rispettivi Piani di Governo del Territorio (PGT) o addirittura azzerare il consumo come nel caso di Moniga.”.
Ben venga tutto ciò , ma intanto una domanda: il caso del parroco di Padenghe che ha rifiutato la proposta dei monaci di Bose ( il cui Priore è il famoso Enzo Bianchi) di utilizzare la struttura a lato della chiesetta romanica di S.Emiliano nel territorio del Comune di Padenghe per un centro studi, per poi progettarne l’ampliamento ampliare in vista di un ristorante ,come è stato risolto? Perché ci sono state prese di posizione da parte dei comitati della zona, ma chi sale fino all’antica deliziosa struttura romanica, si trova di fronte a lavori di ampliamento.
Sempre, ovviamente a “fin di bene”: la chiesetta viene utilizzata per i matrimoni e allora ci mettiamo anche il ristorante. E’ questa la cultura ( o meglio la mentalità) che ha favorito la speculazione incurante dei patrimoni dell’umanità.