martedì 15 aprile 2014
RENZI, LE QUOTE ROSA, LA DESTRA E LA SINISTRA
Metà donne al governo, metà donne ai vertici delle aziende di stato , donne capilista per le elezioni del parlamento europeo: è la strategia renziana e della sua coalizione criticata a sinistra e anche dal Movimento 5Stelle. Sarebbe, per i critici, un’operazione mediatica per depistare l’attenzione dalla debolezza delle strategie economico-politiche. E’ così, non è così? Per i suoi critici di sinistra il primo ministro Matteo Renzi sarebbe un Berlusconi ringiovanito: amante come lui del libero mercato e, pertanto perpetuatore delle diseguaglianze sociali e abbattitore dello stato sociale . E’ così, non è così? E poi: c’è ancora una Destra e c’è ancora una Sinistra in quanto tali chiaramente definibili? O tutto sta evaporando in una politica mediatica indistinta?
Marco Revelli, politologo illustre, ha notato che, in effetti, nell’immaginario collettivo, le distanze politiche tra Destra e Sinistra si vanno riducendo “fin quasi a perdere di senso” e ciò nel momento in cui le diseguaglianze economiche e sociali vanno aumentando.
La Destra, scrive Revelli, sembra darsi come compito il bersaglio delle tipiche istituzioni della modernità industriale: il welfare, la fiscalità progressiva, la legislazione del lavoro ecc.; mentre la Sinistra “è apparsa costretta in un ruolo di conservazione “. C’è un ampio ventaglio di problemi che si sottraggono di fatto allo schema Sinistra/Destra “come i temi ecologici, ma anche le dinamiche relative ai mutamenti in corso nella natura della famiglia, nelle forme e nelle politiche del lavoro, nel modo in cui si pone la questione dell’identità personale e culturale”. (Marco Revelli, Post-Sinistra Cosa resta della politica in un mondo globalizzato,ed.Laterza/La Repubblica, 2014)
Verrebbe meno, nella post-modernità globalizzata, la classica conflittualità sulla polarizzazione tra interessi materiali della società di classe , a favore di nuove tematiche quali quelle ambientali , dei conflitti etnici e culturali, dei rapporti donne-uomini, dei diritti degli omosessuali ecc..
A questo venire meno della classica conflittualità delle modernità, si ha da una parte la risposta fondamentalista adatta a calmare gli animi rispetto ai rischi planetari non controllabili (U.Beck) con l’irrigidirsi di capisaldi come religione, famiglia, autorità, nazione e comunità etniche, e dall’altra , con il neoliberismo, smantellando le reti di sicurezza pubbliche legate al welfare: generando solitudine, sfiducia, incertezza diffusa e, soprattutto, invidualismo familistico.
E’ in questo contesto generalizzato sul pianeta che si gioca la mediatizzazione della politica che non si rivolge più al cittadino partecipante, bensì all’individuo spettatore che non deve essere indotto a riflettere e a ragionare. I conduttori televisivi sembrano dei domatori di belve che devono aizzare alla lotta gli animali del circo, evitando che si facciano realmente male. Dai Ballarò, alla Gabbia, ai Servizio Pubblico e così via, manca l’ascolto reciproco , l’assunzione di responsabilità, l’ammissione degli errori, in una parola la riflessione. I politici si devono esibire nella sopraffazione reciproca, fino allo sfinimento. Revelli cita Sartori : è così che si ha lo svuotamento culturale della politica e che all’homo sapiens si sostituisce l’omo videns che vede senza capire. Il conduttore è ormai un animatore emozionale e basta e i messaggi sono quindi semplificati a favore del risalto dato ai personaggi politici contro i contenuti della politica.
Si gioca continuamente sui primi piani e sui dettagli per dare in pasto al pubblico qualche emozione da gustare per ridere o per rattristarsi.
E tutto ciò cosa c’entra con la strategia renziana delle donne nelle istituzioni di potere per superare “il ritardo culturale trentennale” (Domenico Del Rio) ?
E’ una strategia d’immagine mediatica? La pensa così il comunista Marco Rizzo ospite della trasmissione Omnibus del 14 aprile.
L’argomento era “Nomine, Renzi per le quota rosa”. Rizzo ha sostenuto che è tutta propaganda, finzione per depistare dai reali problemi che sono sempre quelli del conflitto di classe . “Che me ne frega –ha detto-se Obama è nero , a me interessa cosa fa...; o che uno sia donna, gay…ecc.”.
Al comunista M.Rizzo bisognerebbe ricordare che Engels scrisse che nella famiglia la donna è il proletario e l’uomo, il capitalista, il padrone. Ma si sa come nella storia dei partiti comunisti questa tesi ha avuto poco fortuna.
La crisi delle ideologie ,ovvero dei grandi sistemi ideali del fare politica basati su assunti culturalmente ben definiti, è anche da collegare a questa incapacità (in gran parte maschile) di darsi modalità riflessive capaci di leggere e interpretare i mutamenti avvenuti a livello planetario. Scrive Revelli che la politica privata dai consolidati riferimenti ideologici si è fatta pragmatica e caotica; e poi “minata d auna accentuata vuotezza, da una crescente inconsistenza di forme e figure “.
Il tentativo alla Rizzo di marcare le differenze tra Destra e Sinistra, sorvolando ,per esempio, sul permanere del Potere in saldi mani maschili, in realtà dichiara implicitamente l’assenza di risposte possibili “alle questioni vitali del nostro vivere in comune” e, dunque, il fallimento della politica.
Può darsi che intenzionalmente sia propaganda quella di Renzi con le “quote rosa” perché potrebbe la convinta, o necessaria , ’adesione della sua compagine governativa ai cosiddetti “valori irrinunciabili” della Chiesa di Roma . A partire, implicitamente, dall ‘adesione alla visione della Natura immutabile posta alla base della complementarietà dei ruoli sessuali.
Però di fatto erode l’immaginario collettivo italiano , la mentalità ancora dominate , la tradizione vissuta ancora legata all’idea della donna vincolata (primariamente) al ruolo materno sponsale: lavoro di cura identificatorio e lavoro pubblico complementare .
sabato 12 aprile 2014
A PARIGI, A CASA DI KAROL. UN RICORDO PER LA SUA MORTE
K.S.Karol, marito di Rossana Rossanda, è morto a Parigi dopo una lunga malattia. Luciana Castellina nel suo articolo sul Manifesto (11 aprile) scrive che era stata l’unica firma, insieme a quella di Luigi Pintor ,a presentare il primo numero del quotidiano il 28 aprile 1971. Ebreo polacco si era salvato dal nazismo riparando in Russia, dove si era poi arruolato nell’Armata Rossa. Era stato uno dei fondatori del francese Nouvel Observateur nel 1964.
Ho un ricordo simpatico di lui a Venezia, anni settanta, in occasione di un convegno del Manifesto-Pdup sulle opposizioni di sinistra nei Paesi dell’URSS. Si tratta di un frammento, di un poco più di una parola. Karol ci spiegava, forse, la mentalità russa quando fece un esempio: se chiamate a casa vostra un elettricista per un guasto, è probabile che vi faccia “un rubo”, prendendosi la lampadina. Parlava l’italiano, ma con queste, colorite libertà.
Nel 1978 decisi che sarei andata a visitare Parigi. Com’è noto in Italia gli insegnanti non ricevono un grande stipendio, pertanto parlai del mio desiderio a Rossana Rossanda chiedendole, come usava a quei tempi, di aiutarmi per un soggiorno in casa di qualche compagno/a francese. Mi rispose che potevo usufruire dell’appartamentino di Karol, in quel momento estivo libero. Guido Pasi, autorevole dirigente ravennate, doveva recarsi a Roma e così fu lui a portarmi le chiavi con una busta. Nella busta c’era una lettera scritta da Karol per la consierge (portinaia) perché, mi spiegò Rossana per telefono, vedendo salire e scendere le scale, entrare in casa di Karol una straniera, avrebbe potuto chiamare la polizia. Nella lettera c’era però anche un assegno di Karol di una banca francese di lire 500.000, semmai mi fossi trovata a mal partito avendo speso tutte le mie risorse. Al rientro, aggiunse Rossana al telefono, avrei restituito l’assegno integro o la somma.
Era un minuscolo appartamento al quinto piano: un’entratina con a destra un angolino cucina e poi una stanza con letto matrimoniale, librerie, telefono e tavolo.
Dalla finestra si vedeva la Senna e al di là il Louvre. Avevo chiesto, poco prima di partire da Cesena con il treno, di portare con me un’amica; che non era una compagna del Pdup. Insieme , complici, mettemmo il naso nella nell’agenda telefonica di Karol . Scorrevano nomi altisonanti come Simone de Beauvoir, Sartre, il nome del segretario del partito comunista spagnolo in esilio…. Mi telefonò subito un noto giornalista francese che collaborava con il Manifesto: Daniel Singer. Ci invitò a cena nel quartiere latino, nella sua stupenda, ricercata antica casa a pochi passi dalla casa di Mitterand.
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