La cucina multiculturale non ha controindicazioni ma dato che fa parte della sfera privata della gente, cioè è roba da donne, non entra facilmente nei progetti d’inclusione dei migranti. Per il resto il multiculturalismo vive e vegeta nell’esercizio di buona volontà che caratterizza da sempre la “carità” all’italiana di matrice cattolica o della sinistra terzomondista, senza approfondimenti e dibattiti degni di qualche nota. Intanto Davide Cameron ha denunciato il fallimento del multiculturalismo anglosassone che si è realizzato con grande visibilità con i tribunali islamici per giudicare soprattutto in ambito di diritto di famiglia. La filosofa Michela Marzano, che abita e insegna in Francia, s’interroga su multiculturalismo e identità nazionale partendo dal fatto che siamo ormai al primo mese di applicazione della legge francese per il divieto del velo integrale negli spazi pubblici. Forse un divieto eccessivo e che ha piuttosto il sapore del neo bisogno d’identità nazionale che attraversa i Paesi europei a fronte (anche), di una globalizzazione che ha frantumato e dissipato antichi patrimoni culturali con i flussi di merci, informazioni e persone. Generando ovunque insicurezza, paura e chiusura nelle “comunità del rancore “ (Bonomi).
La filosofa è convinta che “ Ogni paese ha certamente un proprio patrimonio culturale specifico. Che va di pari passo con la storia della proprio unità, con le contraddizioni e le difficoltà che si sono di volta in volta incontrate per imparare a vivere insieme. Cultura usi e costumi fanno parte delle nostre radici e ci permettono di sapere da dove veniamo e dove vogliamo andare. Indipendentemente da paesi in cui troviamo, la nostra lingua, le nostre credenze religiose e nostri valori contribuiscono a farci sapere chi siamo. Al tempo stesso, però, l’identità non è mai monolitica.”. (IL VALORE DELLA LAICITA’, la Repubblica, 15 .5011.)
Se l’identità non è mai monolitica perché ogni cultura è sottoposta a ibridazioni continue, ci si può e deve interrogare su quello che accade quando le differenze culturali sono costrette a interfacciarsi sullo stesso spazio vitale.
Lo scorso ottobre una ragazza pachistana di 19 anni rischiò di morire sotto i colpi del padre e del fratello e vide la madre, corsa in sua difesa, morire. Ormai uno dei tanti casi che si moltiplicano anche in Italia dove le cosiddette seconde generazioni, nate o arrivate con i genitori in età infantile, soprattutto le ragazze, rifiuta alcuni aspetti dei costumi familiari. Nosheen non voleva sposare un cugino che vive in Pakistan, ma la ribellione non è stata tollerata dagli uomini di casa. Ora la ragazza, prima operata e salvata addirittura dal coma e poi ospitata in una comunità, complici anche i furiosi tagli governativi allo stato sociale, deve essere collocata altrove. Ma le assistenti sociali modenesi hanno incontrato categorici rifiuti da parte delle famiglie pachistane. La comunità pachistana la respinge in nome della cultura d’origine che conferisce ai maschi un’autorità indiscutibile sulla vita e la libertà; soprattutto delle femmine. Nessuna famiglia può permettersi di dare un’immagine di sé diversa. Ma questo è quanto accade anche nei nostri paesi, sia pure in misura meno violenta del passato. La subcultura intrisa di cattolicesimo è ancora molto severa con chi si sottrae ai modelli tradizionali. Lo sanno le giovani donne che quando si sposano o vanno a convivere, sentono a volte un enorme disagio se intendono contravvenire al costume che vuole le compagne o le mogli dedite alla cura della casa, in equilibrio precario e faticoso con la professione: perché sanno di diventare oggetto di giudizi negativi. La Marzano scrive che la conoscenza di altre culture ci arricchisce e ci permette di mettere in crisi le nostre certezze. Ma può anche darsi che certe differenze siano oggetto di sottile strumentalizzazione per dimostrare che da noi l’evoluzione emancipatoria delle donne è la causa, per esempio, di tante crisi coniugali. Oppure, che lo accogliere le differenze come vuole la scelta multiculturalista includendo, tra l’altro, la poligamia, potrebbe portare ad applicare le leggi in modo diseguale come avviene in Gran Bretania con i tribunali della sharia.
L’Imam di Segrate qualche giorno prima del voto amministrativo del 15/16 maggio, ha chiesto ai musulmani cittadini italiani, di non votare il centro-sinistra perché c’è ufficialmente dei candidati omossessuali. La reazione di Vendola e dei suoi è stata chiara: l’inciviltà si trova a Destra (Lega Nord e non solo) come in queste prese di posizione religiose degli islamici. Reazioni così si vorrebbero anche quando si tratta delle donne. Invece spesso i politici e i cattolici privilegiano discorsi soft, come si usa a proposito dell’abbigliamento: il velo integrale o meno non è un problema se oggetto di libera scelta. Con buona pace della verità dei condizionamenti sociali e degli autoinganni dell’io. Come evitare di chiudere gli occhi “sul fatto che alcune donne siano costrette a velarsi e certe adolescenti sono maltrattate dai padri solo perché corteggiate a scuola a scuola, come è accaduto recentemente in Italia?”. (Marzano)
Per il momento la tendenza è quella di chiudergli gli occhi: nelle scuole, nei consultori, ovunque nel sociale .
domenica 15 maggio 2011
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