lunedì 5 marzo 2012

UN NEUROLOGO, LA TV DI STATO E L'UCCISIONE DI TRE DONNE

“Strangola la moglie con un foulard”:è il titolo di un quotidiano riferito a un marito che ha ucciso la moglie, qualche giorno dopo la vicenda di Brescia dove un ex marito ha ucciso con una pistola la ex e il suo nuovo compagno, sua figlia di vent’anni e il relativo partner. A Piacenza, sempre per gelosia, un altro uomo ha ucciso una sudamericana. Il secondo canale della Tv alle ore 13 del 5 marzo ha invitato un illustre neurologo a spiegare i motivi di queste uccisioni ripetute, con lo stesso movente, in pochi giorni. In un bel primo piano il dottore si è dilungato in una lezione sull’aggressività umana e la sua differenza da quella degli altri mammiferi. Infine ha spiegato perché l’uomo, a causa delle gelosia, può diventare “il peggiore predatore che uccide altri uomini”. Altri uomini? Ma non sono state uccise esattamente tre donne? Che brutti scherzi fa l’uso del neutro universale! Psicologici, psicoanalisti, neurologi e psichiatri continuano a parlare in termini generici, evitando accuratamente di distinguere tra maschi e femmine. Non si è accorto, l’illustre chiamato a presentare un presunto punto di vista scientifico oggettivo, che sono state uccise, per gelosia, tre donne. In altri termini che i gli uomini non sopportano facilmente il rifiuto e la sottrazione delle compagne alla loro giurisdizione perché probabilmente genera ai livelli profondi della psiche una ferita narcisistica insopportabile. Una ferita che lede l’identità virile costruita ancora sul senso di conquista e proprietà ,questo, sì, della “preda” femmina relegata alla funzione di riproduttrice tenera e fragile. Il Corriere della Sera (5.3) ha intervistato Lea Melandri, femminista storica e scrittrice ( “Gli uomini e la violenza ‘Questa è una tragedia che li riguarda tutti’ “) sulle vicende di Brescia, Verona e Piacenza. Secondo lei si continua a vendere la solita versione che si tratta di casi patologici , ovvero di mostri. Di fronte a questi fatti ripetuti, la reazione di quasi tutti gli uomini è quella di prenderne le distanze: “Io non sono così, non ho nulla da spartire con tutto ciò. Vorrei invece vedere più coraggio, vorrei che gli intellettuali di questo paese, gli stessi uomini di cui leggo gli scritti e dei quali condivido molto spesso le idee, dicessero finalmente : tutto ciò mi riguarda. Vorrei che qualcuno alzasse la voce e dicesse: la questione del rapporto fra uomini e donne è centrale e non più rinviabile. E cominciasse a interrogarsi sull’idea di mascolinità che abbiamo costruito nei secoli, sul nostro modello di civiltà, portandone allo scoperto punti di forza e nodi critici. Noto una difficoltà, che a volte sembra insormontabile , a portare il tema della violenza sulle donne dentro un dibattito pubblico.”. Occorre, auspica la scrittrice, un lavoro culturale, educativo profondo che intacchi anche ciò che le donne hanno introiettato nei secoli , cioè l’idea dell’ “io ti salverò che le tiene prigioniere di una clima che diventa via via più pesante e drammatico..”.

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