C’è un territorio del lago di Garda che si chiama Valtenesi. E’ costituito dalle colline moreniche che circondano il lago di natura glaciale. Quando i ghiacciai si sono ritirati 15-20.000 anni fa, hanno depositato masse di detriti e, 5.000 anni prima di Cristo, permesso i primi insediamenti umani. Ma sono stati i Romani, nel II e III secolo A.C. a conferire al territorio un assetto organizzativo fatto di aree collinari coltivate a vite e olivo che, più o meno tale è rimasto fino a circa 15-20 anni fa. Un territorio paesaggistico e architettonico di incomparabile e struggente fascino, come ben erano consapevoli gli stranieri che visitavano e soggiornavano in queste zone nei secoli scorsi. Basta ricordare il pittore inglese Turner che nella Valtenesi cercava l’ispirazione per i suoi acquerelli .
La speculazione edilizia in Valtenesi è stata a dir poco scriteriata, come se tutti i comuni avessero trovato un punto in comune -al di là dei diversi schieramenti politici-ne nell’assumere il volto e la ferocia di un Attila contro l’ambiente naturale.
Gabriele Loviesetto, segretario del Comitato per il Parco delle Colline Moreniche ha scritto: “I terreni agricoli, compresi i preziosi terrazzamenti con segnati dagli antichi romani, costellati e impreziositi dagli olivi e da ordinati filari, hanno spesso lasciato il posto a compolessi edilizi stile costa Smeralda o a disarmoniche villette a schiera. Una lunga fetta del patrimonio viticolo e olivicolo della Valtenesi è sparita (…)E’ davvero sorprendente che dallo scenario deprimente descritto tre sindaci –Patrizia Avanzini di Padenghe, Lorella Lavo di Moniga e Paolo Simoni di Manerba- si rendano conto che il territorio libero da insediamenti cementizi rimasto nei loro Comuni costituisce un bene che non può essere ulteriormente dilapidato e così con un lavoro di coinvolgimento e condivisione, al quale questo Comitato non è estraneo, si è passati a porre freni ai rispettivi Piani di Governo del Territorio (PGT) o addirittura azzerare il consumo come nel caso di Moniga.”.
Ben venga tutto ciò , ma intanto una domanda: il caso del parroco di Padenghe che ha rifiutato la proposta dei monaci di Bose ( il cui Priore è il famoso Enzo Bianchi) di utilizzare la struttura a lato della chiesetta romanica di S.Emiliano nel territorio del Comune di Padenghe per un centro studi, per poi progettarne l’ampliamento ampliare in vista di un ristorante ,come è stato risolto? Perché ci sono state prese di posizione da parte dei comitati della zona, ma chi sale fino all’antica deliziosa struttura romanica, si trova di fronte a lavori di ampliamento.
Sempre, ovviamente a “fin di bene”: la chiesetta viene utilizzata per i matrimoni e allora ci mettiamo anche il ristorante. E’ questa la cultura ( o meglio la mentalità) che ha favorito la speculazione incurante dei patrimoni dell’umanità.