“Allora,te icchè tu dici, Nesi? Di chi è la colpa ? Come la va a finire? Che si fallisce tutti davvero?” . Nesi è lo scrittore ex imprenditore di Prato che ha vinto il premio Strega 2011 con STORIA DELLA MIA GENTE ed. Bompiani. Nesi fa parte di una gloriosa famiglia dell’ex polo del tessile pratese. Nesi ha venduto la fabbrica della sua famiglia non per fare esclusivamente lo scrittore, ma perché il tessile pratese è andato tutto in crisi con la globalizzazione. Il libro racconta la sua storia e quella degli altri della città e della zona pratese dove la tradizionale amministrazione di centro sinistra ha ceduto il passo a un’amministrazione leghista alle ultime elezioni.
La racconta a grosso modo così: con la “loro maledetta globalizzazione senza regole, i soldi che oggi risparmiamo comprando i prodotti cinesi sono gli stessi soldi che servivano a pagare gli stipendi degli operai italiani, i mutui delle loro case e le loro pensioni, i loro ricoveri in ospedale, le scuole dei loro figli, le loro macchine e i loro vestiti. La loro vita,la nostra vita.”.
E’ chiaro? Se la prende con gli scienziati dell’economia e con i politici, di destra e di sinistra. Un libro che corre sull’onda dell’antipolitica :”Cosa pensavano, invece, i nostri politici quando firmavano quei fogli per conto nostro e svendevano la nostra industria manifatturiera? Davvero credevano che si potesse trovare il modo di rivaleggiare con chi produce i nostri stessi articoli a una frazione del nostro costo? Quali nuovi prodotti avremmo dovuto inventare per non farceli subito copiare dai cinesi?”.
Ma è nel capitolo “L’incubo” che in modo romanzato e persino poetico Nesi descrive la psicologia di un tipo rappresentativo di tanti . Uno stato d’animo che è pian piano montato e si è diffuso, al Nord e non solo e ha fatto la fortuna della Lega di Bossi.
Racconta la storia di un magazziniere che a poco meno di tre anni dalla pensione viene messo in mobilità dalla ditta che sta per chiudere. Si chiama Fabio e i primi tempi riesce a passarli abbastanza bene, ma poi, giorno dopo giorno entra in una tragica situazione depressiva: “Sempre più spesso gli capita di non riuscire a prendere sonno, la notte, e rimane sveglio per ore a guardare il soffitto mentre la moglie gli dorme serena accanto e la sua mente viaggia e finisce per perdersi seguendo pensieri strani. (…) Ogni giorno diventa più difficile, più lungo. Fabio comincia a vergognarsi di essere senza lavoro, e non riesce a stare in casa.”.
Arriva l’ansia ,lo scattare per un nonnulla, l’urlare in casa quando prima non lo faceva mai. Le giornate inutili sono lunghe e tediose. Gira per la città con la sua Grande Punto quasi nuova “comprata stupidamente solo due anni prima, quando essere licenziato gli sembra un’impossibilità. Le rate paiono non finire mai. “.
Poi arriva una mattina che deve fare la benzina ma i cinque euro troppo spiegazzati che teneva in tasca non ne vogliono sapere di farsi mangiare per dargli due litri poco più.
E’ in quel frangente che dietro lui un ragazzo cinese aspetta pazientemente il suo turno, ma Fabio si innervosisce perchè detesta aspettare,ma anche far aspettare.
E’ un ragazzo che ha l’età delle sue figlie e che tiene il portafoglio in mano. Fabio sbircia e finisce per vedere banconote da cento euro, tutte pulite, e poi una da duecento e una da cinquecento.
A questo punto si vergogna di avere solo quella misera di cinque da infilare nella macchinetta. Riprova e riprova, fino a quando i cinque euro gli sfuggano di mano e cadono. Fabio si china, si tiene in equilibrio, si piega e si inclina fino a terra per afferrare la banconota toccando involontariamente “la pelle liscia e lucida delle scarpe del ragazzo cinese – e in quel momento gli sembra d’essersi inginocchiato davanti a lui.”. Si vergogna, pensa che se non fosse stato licenziato non si sarebbe sentito così. Pensa :”sono i cinesi che mi hanno rubato il lavoro.”.
Non è vero, scrive Nesi, quel ragazzo è uno studente, va all’università e parla italiano. Neppure il padre del ragazzo gli ha rubato il lavoro . Il padre è uno che fa un lavoro dai ritmi superumani che non conosce sosta e che si può definire indegno di una vita vera. Forse gli hanno rubato il lavoro i cinesi che stanno in Cina perché ora le merci si spostano senza regole dove costa di meno. Poi è una èscalation: un movimento del ragazzo gli pesta la mano, il mignolo, e Fabio urla per il dolore tanti “Vaffanculo e spinge il ragazzo che non se l’aspettava e scivola e cade. Monta la rabbia e montano le parole offensive che fanno sentire però Fabio libero: “Libero d’essere chi è davvero: non il licenziato, non il disperato, non l’omuncolo che vaga in macchina per la città con l’aria condizionata accesa al massimo. Si sente l’uomo che credeva di riuscire a diventare a vent’anni.”.
Zhu, il ragazzo cinese, non capisce. Ha imparato fin da bambino che si devono evitare le scaramucce con gli italiani, che si deve far finta di non vedere le scritte sui muri CINESI TUTTI APPESI.
Poi arriva qualcuno in macchina che scende e va verso Zhu e gli sferra un colpo urlandogli: “ Brutto bastardo cinese di merda, ti piace picchiare i vecchi, eh?”.
Arriva un furgone di cinesi che vedono la scena e urlando scendono e si gettano sul tizio, ecc. ecc..
Nesi scrive in chiusura del capitolo: “Eccolo, l’incubo. Prosegue con i cortei e le ronde e i vetri spaccati e i bastoni e le catene e i coltelli, e le case date al fuoco e l’odio. E la pazzia. Non è la mia città, voglio dirlo ancora. Ma è questo l’incubo.”.
Un capitolo, un libro, che vale , anche di più, di un trattato di sociologia politica.
E che può essere utile per mettere, forse, un po’ in crisi, il TERZOMONDISMO di casa nostra con le sue inclinazioni a letture interpretative superficiali della crisi unitamente al fenomeno immigratorio. Il terzomondismo che resta ancora nelle pieghe della mentalità cattolica e di una certa residuale sinistra radicale o meno, è da intendersi come: 1. Nei riguardi degli immigrati ci si deve sentire sempre in colpa a causa del passato occidentale colonialista, del neo colonialismo ,dei privilegi da ricchi(che stanno sfumando),ecc. , 2. Gli immigrati sono “i poveri” di casa (Italia) sempre più ,comunque, da considerarsi poveri dei Fabio licenziati e se depressi, cavoli loro, 3.gli immigrati devono essere assistiti come degli eterni infanti e se perdono la casa devono essere assistiti con un di più rispetto agli italiani che pure la stanno perdendo,4. meritano il “rispetto” delle loro culture anche quando queste culture, tra l’altro, penalizzano soprattutto le donne . Eccetera.
Il terzomondismo nelle istituzioni –scuola, consultori, sindacati, istituzioni di volontariato …- lo si evince dal non sapersi e volersi far caso, per esempio, delle seconde generazioni. E’ di ieri, 23 luglio, la notizia che a Bologna una giovane pakistana ha tentato il suicidio perché non vuole sposare l’uomo alla quale i parenti l’hanno destinata . Quante ragazze seconda generazione continuano a vivere (in solitudine) questa e altre imposizioni ? Anche perché al massimo si generalizza, ovvero si evitano letture di genere applicate alle culture altre applicando piuttosto, la tendenza a “psicologizzare” individualmente i problemi.
domenica 24 luglio 2011
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