giovedì 28 luglio 2011

ANCHE L'TALIA ORA HA IL PROBLEMA DELLE SECONDE GENERAZIONI DI STRANIERI

Cosa facevano gli insegnanti dopo la seconda guerra mondiale quando le differenze per censo erano evidenti ed abissali? Orientavano in modo diverso , inconsapevolmente, i ragazzi e le ragazze per il proseguimento degli studi, che a quei tempi includeva subito il dopo scuola elementare. L’essere femmina, unitamente alla scarsità di mezzi economici della famiglia, portava gli insegnanti a favorire l’iscrizione all’avviamento professionale industriale o commerciale al posto delle medie. Più o meno significava avere preclusa la possibilità di scegliere, eventualmente, qualsiasi scuola superiore.Tanto per le bambine il destino era segnato: trovare a suo tempo un marito che le mantenesse. Genitori e insegnanti si trovavano amorevolmente d’accordo.
NEODEMOS, interessante giornale online di ricercatori e docenti , ha segnalato che qualcosa del genere attualmente accade, ma per gli stranieri , o meglio per le seconde generazioni.
Rita Fornari e Stefano Molina ( Università della Sapienza Roma, Fondazione Giuovanni Agnelli) hanno pubblicato un articolo ( 6/10/2010) su’ I FIGLI DELL’IMMIGRAZIONE SUI BANCHI DI SCUOLA: UNA PREVISIONE E TRE CONGETTURE.
Le nascite in Italia da genitori stranieri hanno subito un’accelerazione in seguito alla Bossi-Fini del 2002/03 che comportò la stabilizzazione legale, lavorativa, abitativa,ecc.. Così ,con l’anno scolastico appena terminato si sono affacciati alla soglia della scuola i figli di quel baby boom.
Che cosa accadrà nei prossimi anni? Tanto per cominciare un dato di attualità : il ritardo e l’insuccesso per i giovani studenti stranieri alle superiori oltrepassa il 70% a fronte di una percentuale infinitamente inferiori dei nativi. I due studiosi scrivono che di questo di si parla poco. Vero. Come si parla poco degli insegnanti, i quali saranno chiamati a “ ricalibrare l’elasticità del metro di valutazione, così come ripensare la funzione di orientamento , oggi volta ad incanalare i giovani stranieri verso gli indirizzi professionalizzanti (rispetto a uno studente italiano, al termine delle medie uno straniero ha il doppio di probalità di finire in un istituto professionale. “. Più chiaro di così!
Ma c’è un’altra considerazione: man mano che i giovani di seconda generazione cresceranno, diventeranno “sempre più evidenti e potenzialmente pericolose le frizioni tra l’enfasi della cittadinanza (in senso pedagogico) – sempre più diffusa nelle scuole- e le difficoltà di rispondere alla crescente domanda di cittadinanza italiana (in senso giuridico).”.
Direi che per certi versi qualcosa già indica situazioni emblematiche . Come si evince leggendo l’indagine 2010 dell’Osservatorio Regionale per l’integrazione e la Multietnicità (Orim) della Lombardia. L’analisi si limita a sei gruppi nazionali e alla fascia di età compresa tra i 15 e 25 anni.
I cinesi frequentano (69%) dei connazionali, gli indiani un po’ meno (48%). Per gli altri si oscilla tra il 37 per cento dei rumeni e il 22 degli egiziani. Gli albanesi hanno una frequentazione equilibrata tra italiani e stranieri ( 51%). Seguono i latino-americani (48%). Un quinto degli egiziani si sente italiano, contro il 2 % dei cinesi.
Nel blog NUOVI ITALIANI il 17 giu.011 è uscita un breve intervista con alcuni giovani stranieri sul sentirsi ,o meno, italiani. C’è chi si sente totalmente della nazionalità dei genitori, c’è chi si sente al 100% italiano, chi si definisce un mix, chi lamenta una crisi di identità . Alessandra Coppola, che scrive di avere effettuato un piccolo viaggio nell’identità dei ragazzi di seconda generazione, riporta in conclusione il parere di Hafsa Ratib ,italiana di origini marocchine: “il giovane spesso non aiutato, anziché valorizzare la sua doppia identità si sente costretto a scegliere se essere italiano o arabo, una contrapposizione inutile. Un conflitto interno che tanti giovani vivono e che se non gestito può portare a problemi adolescenziali e all’esclusione sociale.”. Come darle torto?

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