“Lavorerò con la Fondazione ‘Nilde Jotti’ . E tornerò a fare l’avvocato. Ho detto alla Cgil che posso aiutare gli immigrati. Gratis, ovviamente.”. L’ultima domanda: “Non tornerà in Parlamento? Non credo che ai ‘rottamatori’ interessi una bacucca di 74 anni come me! Tocca ai vari Renzi, ora. Vediamo cosa saranno capaci di fare.”.
Il titolo dell’intervista di Emiliano Fittipaldi a Rosa Russo Jervolino (l’ESPRESSO, 16 giu.011) è eloquente: “Sommersa dalla monnezza e lasciata sola dal Pd”. Lasciata sola dal Pd forse anche perché da reggente del Partito popolare di Napoli cacciò molti inquisiti, ma ne ritrovò la metà nel Partito Democratico? O forse anche perché quando le arrestarono quattro assessori della sua Giunta, offrì le sue dimissioni sentendosi rispondere che doveva restare, ma cinque minuti dopo “Matteo Renzi comincò a sputare insolenze da Firenze, Anna Finocchiaro lo seguì a ruota. Nessuno dei leader aprì bocca per spiegare che restare era stata una decisione del partito.”.
Rosa jervolino è ritornata nella sua casa di Roma .
Era il 1968. Rientravo nel primo pomeriggio dall’ufficio dell’EUR del Movimento Femminile DC e un po’ più tardi, dopo aver mangiato qualcosa, con la ‘500 Fiat rossa spesso volavo a casa di Rosetta che a sua volta era rientrata dal lavoro. Caricavamo in auto il figlio piccolo e andavamo a passeggiare in qualche parco romano. Chiacchieravamo di politica, mi raccontava della commissione sulla riforma del diritto di famiglia, che, se non ricordo male, era presenziata da Carlo Moro, fratello di Aldo. Si parlava della riorganizzazione del Centro Italiano femminile (CIF) che era l’associazione cattolica parallela all’UDI perché Rosetta mi aveva voluto nella commissione a questo deputata. Facevamo parte entrambe della redazione della trimestrale rivista di ricerca DONNA E SOCIETA’ insieme a Tina Anselmi, Lidia Menapace,Paola Gaiotti e altre. La dirigeva Franca Falcucci, autoritaria delegata nazionale del M.F. insegnante di filosofia e più tardi senatrice e anche ministra della Pubblica Istruzione.
Nel 1969 sulla costa amalfitana si svolse il convegno nazionale rinnovo cariche del M.F.. In Hotel io e Rosetta eravamo in camera insieme , ma ci trovammo su liste opposte per la candidatura al Comitato Nazionale. Ero già in crisi grazie anche al vento del ’68 e alla ricca fase post conciliare. Lidia Menapace aveva già rotto con la DC e ufficialmente aveva aderito al gruppo dei fuoriusciti dal Pci Rossana Rossanda, Luigi Pintor, Luciana Castellina, Lucio Magri e Valentino Parlato. Le liste erano due: una con a capo la Falcucci e l’altra con Tina Anselmi. Io stavo con Tina che era della corrente di Moro, ma appartenevo a quella sindacalista di Carlo Donat Cattin.
Ho sempre pensato che Rosetta avrebbe dovuto stare con me e con Tina, ma che per lei aveva funzionato il richiamo emotivo alla grande madre Maria , una delle fondatrici del Movimento Femminile dopo la guerra e anche “madre spirituale” della Falcucci.
Rosetta , quando si discuteva della riforma del diritto di Famiglia e, dunque, della abolizione delle norme non egualitarie sull’adulterio e sulle attenuanti per il delitto d’onore, era più che aperta, più che avanzata.
Poi uscii dalla DC e mi iscrissi al Manifesto e la nostra amicizia si interruppe perché già avevo lasciato Roma per ritornare all’insegnamento in Veneto.
Fu nell’estate del 1975 che rividi Rosetta a Roma, nella sua casa. Rossana Rossanda mi aveva chiesto di sostituire Rina Gagliardi in ferie al quotidiano. Telefonai a Rosetta che mi invitò a cena. Mi ritrovai a tavola, come una volta, con suo marito Enzo e lei. Passarono poi tanti anni e Rosetta venne a Brescia con l’autorevolezza del ministro dell’Interno, a sostenere la campagna elettorale del sindaco uscente Paolo Corsini del Centro Sinistra. La DC non c’era più e in qualche modo ,sebbene non fossi iscritta ad alcun partito, ci ritrovammo politicamente, di nuovo, vicine.
sabato 11 giugno 2011
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